Gengahr: ‘Where Wildness Grows’ (Transgressive, 2018)

Avere ancora in mente quel gioiello che era ‘A Dream Outside‘ (2015) può essere fuorviante. Un po’ perché i Gengahr nel loro sophomore hanno indubbiamente aggiunto contenuti e modificato il proprio suono, un po’ perché, lo diciamo subito, quella raffinata, immediata ed efficace forma di ‘dolcezza’ trasposta in musica non è stata replicata. Felix Bushe e compagni hanno deciso di muoversi su coordinate diverse, e il primo dettaglio che salta all’occhio sono i minuti di durata totale che, con una sola traccia in più, salgono da 35 a 48. Più chitarre, più assoli, brani più difficili da digerire, in sostanza più ‘Wildness‘.

La band londinese ha evidentemente voluto mostrare la propria crescita musicale e artistica. Da una parte è un peccato, perché così facendo si è persa quella magia che ‘She’s A Witch’ e ‘Heroine‘ rappresentavano limpidamente, dall’altra troviamo sia positivo che un gruppo giovane provi da subito a far sentire qualcosa di nuovo e diverso. Beninteso, chi aveva apprezzato i Gengahr dell’esordio potrà continuare a farlo (‘Before Sunrise‘, ‘I’ll Be Waiting‘, ‘Pull Over Now‘), ma la scelta di incrementare presenza e volume delle chitarre (la title-track, ‘Carrion‘, ‘Burning Air‘, ‘Whole Again‘) li ha spersonalizzati un po’, trascinandoli nel mare magnum delle guitar-band inglesi, acque estremamente affollate. Ci vogliono ascolti attenti e ripetuti per ‘identificare’ le nuove canzoni del quartetto di Hackney, e sebbene non si navighi più a gonfie vele, la loro è comunque una rotta sicura. Fuor di metafora: cosa pensiamo di questo disco, al netto dei paragoni col passato? Che è un buon disco che in alcuni passaggi (ma solo in alcuni) tende al molto buono. Bravi lo stesso.

VOTO: 🙂



 

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