Iceage: ‘Beyondless’ (Matador, 2018)

Genere: post-punk | Uscita: 4 maggio 2018

Elias Bender Rønnenfelt (voce, testi), Jakob Tvilling Pless (basso), Dan Kjær Nielsen (batteria) e Johan Wieth (chitarra) sono quattro ragazzi di Copenaghen nati tra il ’91 e il ’92 che fanno musica insieme ormai da 10 anni, ovvero da quando ne avevano 16/17. Sono amici fin da piccoli, con la comune passione per ciò che al rock ‘n’ roll accadde in quel periodo di trasformazione tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. La loro versione del post-punk, tendente molto al punk, è sempre stata sporca, cattiva, decadente, gotica. A guidarli è Elias Bender Rønnenfelt, uno dei frontman più incisivi tra le band contemporanee, fosse inglese o americano sarebbe probabilmente già sbarcato a Hollywood, fosse nato 10 anni prima avrebbe conquistato 9 copertine di magazine su 10. Nelle scelte artistiche, Elias pilota gli Iceage con sicurezza e lungimiranza, ha deciso che la sua band non sarà una delle tante meteore con il santino di Ian Curtis sull’amplificatore, ha optato per un’evoluzione costante e irreversibile.

Anche per questo ‘Beyondless‘ è il disco della band danese per il quale è più consono utilizzare un termine spesso ricorrente nelle recensioni, ovvero “centrato“. Già dal precedente ‘Plowing Into The Field Of Love‘ la strumentazione utilizzata si era arricchita di fiati e tastiere; ora questi elementi, con l’aggiunta del violino, hanno guadagnato un’organicità nel suono come se ne avessero sempre fatto parte. Gli Iceage, in questo LP, riescono anche a limitare le loro eccessive escursioni da live-show vandalico, rimanendo saldi sui binari che si sono costruiti, che scorrono tutti paralleli ma distinti: ogni brano ha un’eccezionale personalità che lo rende unico, aspetto davvero inusuale per una band punk/post-punk. Oltre alle citazioni letterarie dei testi di Rønnenfelt, ce ne sono diverse anche dal punto di vista prettamente musicale, dai Birthday Party a Lou Reed a Tom Waits all’onnipresente Curtis; c’è un inconsueto tocco glam (‘Showtime‘), una ballata semi-acustica (‘Plead The Fifth‘), un alt-rock tirato (‘Hurrah‘), un inno toccante e decadente (la title-track ‘Beyondless‘), un duetto sexy e ammaliante (‘Pain Killer‘ con Sky Ferreira). Non è un caso che gli Iceage abbiano pubblicato tre album in meno di quattro anni, tra il 2011 e il 2014, e ne abbiano spesi altrettanti per dare alla luce questo disco, che è indubitabilmente il loro più curato, più eclettico, più ambizioso. In poche parole, il loro migliore.

VOTO: 😀



 

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