🎵 Alternative-rock | 🏷 Rock Action | 🗓 10 maggio 2024
Quindici anni e mezzo – ovvero quanto trascorso dall’ultimo LP della prima parte della carriera degli Arab Strap al primo della seconda – sono tanti. Praticamente un gap generazionale, un turbinoso salto temporale che, come per Aidan Moffat e Malcolm Middleton, da 32 anni porta ad averne 48. ‘As Days Get Dark‘ (del 2021), sin dal titolo, era una sorta di lamento per l’ineluttabile invecchiamento, per i passati “giorni di gloria” (in verità non troppa, a giudicare dai loro testi degli anni ’90 e ’00) citati in ‘The Turning Of Our Bones‘, e divenuti (in ‘Another Clockwork Day‘) uno sbiadito ricordo fotografico su cui masturbarsi. Poco più di tre anni dopo, al contrario, una denominazione come “Mi va benissimo così 👍 Non me ne frega più un c*zzo 👍“, con tanto di pollicioni indirizzati verso l’alto, rappresenta un dichiarato di distacco emotivo da quell’auto-commiserazione. Sposta altresì l’attenzione sul compatimento altrui, in particolare sulla varietà umana che si può osservare navigando su internet: “Molte canzoni parlano dello stato del mondo moderno: di come è cambiato; nemmeno nel corso della nostra vita, ma negli ultimi 15 anni. Principalmente si tratta di come, dopo la pandemia, molte persone come me si siano ritrovate su internet un po’ troppo. Riguarda la dualità tra il mondo online e quello fisico: la necessità di staccarsi per assorbire ciò che accade intorno a noi“, afferma Moffat in questa intervista a Rolling Stone.
Il vero cambiamento è, però, musicale. Sia nel succitato ‘As Days Get Dark‘ che, in maniera ancora maggiore, questo nuovo ‘I’m Totally Fine With It 👍 Don’t Give A Fuck Anymore 👍‘, gli Arab Strap si sono spinti verso una vera e propria forma-canzone. Di certo a loro modo, ma con risultati entusiasmanti: “Quando molti gruppi si riformano, sono troppo preoccupati del passato e cercano di riconquistare il suono che avevano. È impossibile. Non tornerà“, spiega ancora il frontman con il suo proverbiale nichilismo. “Gli Arab Strap non hanno mai suonato più essenziali di così, e questo nuovo disco è una feroce testimonianza della loro attenzione verso orizzonti più ampi“, aggiunge la stringata press-release della Rock Action, l’etichetta di proprietà dei Mogwai che pubblica i pezzi firmati Moffat-Middleton dopo la reunion. Sono soltanto loro due ad aver operato su questo lavoro; unica eccezione la produzione del batterista dei Delgados Paul Savage, che aveva già lavorato al successo del disco precedente.
Sì, perché questa seconda stagione degli Arab Strap è un vero e proprio trionfo, testimoniato anche dal 1° e 2° posto nelle Scottish Album Chart delle loro ultime due realizzazioni, dopo che in passato avevano al massimo raggiunto il numero 34 (con il mitico ‘Philophobia‘ del 1998). In questo disco si arrampicano su vette di eccellenza ancora più elevate, grazie a un suono effettivamente non troppo elaborato, in cui però le chitarre elettriche sporche, i sintetizzatori e i bassi pulsanti suonati da Malcolm si intrecciano alla perfezione con i racconti di Aidan, rendendoli ancora più vibranti e vividi. “Abbiamo iniziato con dischi tranquilli e introspettivi. Adesso stiamo facendo rumore (…) possiamo andare là fuori, divertirci e esprimere il nostro punto ad alta voce“, commenta Moffat, centrando precisamente il punto. La saturazione di ‘Allatonceness‘ o la disco-music decadente di ‘Bliss‘ sono due esemplificazioni che giungono immediatamente in apertura di scaletta, segnando una strada estremamente definita per ciò che seguirà. Altre tappe fondamentali sono rappresentate da ‘Strawberry Moon‘, ‘Haven’t You Heard‘, ‘Dreg Queen‘ e ‘Turn Off The Light‘, che chiude l’album in fierezza mantenendo altissima una qualità compositiva che, almeno per i gusti di chi vi scrive, rende ‘I’m Totally Fine With It 👍 Don’t Give A Fuck Anymore 👍‘ il proprio album degli Arab Strap preferito.
😀