Genere: folk-rock | Uscita: 4 marzo 2022
Non è un caso che Ben Bridwell definisca ‘Things Are Great‘, il nuovo album dei Band Of Horses, un disco di “relazioni“. Delle sue relazioni, quella con l’ex moglie da cui si è separato, quella con i membri del suo gruppo che continuano ad avvicendarsi, e probabilmente anche quella con le sue stesse canzoni, gettate nel cestino della spazzatura e quindi totalmente riscritte, ri-arrangiate e ri-registrate nei sei anni che hanno separato questo disco dal precedente ‘Why Are You OK‘ (2016). “Avevo bisogno di qualcuno che mi facesse sentire il boss“, spiega con un po’ di sarcasmo a Spin, raccontando della proficua collaborazione che si è instaurata con Wolfgang Zimmerman. È il giovane ingegnere del suono che lo ha affiancato nella produzione di quello che è il sesto LP della storia di una band fondamentale per gli ultimi 15 anni di alt-rock americano.
“Un ritorno ai loro primi lavori e a quel tipo di ethos grezzo che si trova nel cuore dei Band of Horses” recita la press-release della BMG, major che sembra aver dato totale libertà creativa a Bridwell. Che infatti ha licenziato Bill Reynolds (basso) e Tyler Ramsey (chitarra) perché “troppo bravi“, sostituendoli rispettivamente con Matt Gentling e Ian McDougal, che prima di entrare in line-up addirittura gestiva il banchetto del merchandising: “Volevo lasciare che si mostrassero tutte le imperfezioni. Non nasconderle, metterle in primo piano. Abbracciarle, e far tornare la band a essere amatoriale come è sempre stata.” È proprio la sua incapacità di leggere la musica che, secondo lo stesso Ben, ha consentito di scrivere canzoni entrate nell’immaginario collettivo come ‘Funeral‘ e ‘No One’s Gonna Love You‘: “Quando ho iniziato, ero un batterista di merda in una band slowcore che si è sciolta. All’improvviso ho dovuto capire come fare le cose con la chitarra. Non ho mai dovuto imparare tutti questi maledetti accordi, e guardando indietro mi rendo conto che il modo in cui suonavo la chitarra era l’identità principale della band“.
Anche lo voce del frontman, in gran forma dopo alcuni problemi accusati in passato, è un elemento assolutamente distintivo del suono dei Band Of Horses, che dunque torna intenzionalmente alle origini e a confrontarsi con i due capolavori (‘Everything All The Time‘ del 2006 e ‘Cease To Begin‘ del 2007) di inizio carriera. ‘Things Are Great‘ non riesce, ovviamente, ad avvicinarli, ma il confronto regge, soprattutto dal punto di vista della nostalgia. Era più di un lustro che non si sentivano nuove canzoni firmate Bridwell, e le 10 di questo disco assolvono pienamente alla rimpatriata che questo lavoro si propone di mettere in atto. Si risentono le chitarre distorte unite a quelle melodie dolci-amare (spesso molto più amare che dolci) che hanno da sempre costituito il trademark del gruppo, risuonando con grande dignità ma anche fierezza. Non ci sono riempitivi in questo LP, in cui compaiono i consueti singoli accattivanti (‘Crutch‘, ‘In Need Of Repair‘, ‘Light‘) e le solite ballate ad alto tasso di emotività (‘Warning Signs‘, ‘Aftermath‘, ‘You Are Nice To Me‘). Insomma, tutto è piacevole e al posto giusto, come quando si ritrova un vecchio amico.