Beck: ‘Hyperspace’ (Capitol, 2019)

Genere: alt-pop | Uscita: 22 novembre 2019

Quello tra Beck Hansen e Pharrell Williams è uno dei più lunghi corteggiamenti creativi degli anni ‘00. “15, 16, 17 anni” cerca di ricordare il biondo cantautore californiano, un lasso di tempo così ampio da aver permesso di cementare una vera e propria amicizia, tanto che Beck fu uno dei primi a poter ascoltare la fresca registrazione di ‘Happy’, il singolo di più grande successo di Pharrell. Di fare un disco insieme hanno però avuto tempo solo recentemente; quello che doveva essere solo un EP è divenuto un album intero, con 7 canzoni su 11 co-prodotte e scritte insieme. Del resto, Hansen e Williams sono due spiriti affini: entrambi hanno sempre cercato una commistione tra generi che li rendesse unici. ‘Odelay‘ (1996) è il capolavoro assoluto ed esemplificazione più pregnante per quanto riguarda la discografia di Beck; gli album del progetto NERD, in cui si passa con grande agilità dall’hip-hop al funk-rock, testimoniano una ricerca musicale fuori da quegli schemi da black-music popular, in cui però negli ultimi anni Pharrell ha malauguratamente riparato.

Hyperspace‘, quattordicesimo LP in studio per l’eclettico musicista di L.A., è stilisticamente l’esatta somma di quanto potremmo aspettarci da una tale collaborazione. Nello specifico, le canzoni sembrano essere completamente opera sua, la produzione ad esclusivo appannaggio di Williams. E’ dunque un disco che ha un’anima country-folk e una architettura hip-hop, con i due elementi che non danno però l’idea coesistere con grande fluidità. Molti dei brani in scaletta, già di per sé non il meglio del repertorio di Hansen, appaiono come snaturati dai suoni caramellosi congegnati dal producer americano (ma anche Paul Epworth e Greg Kurstin non fanno meglio nelle tracce che li vedono prestare opera), facendo loro smarrire quella profondità che Beck intendeva conferirgli, anche con testi più personali del solito (‘Uneventful Days‘, ‘Chemical‘, ‘Dark Places‘). Si tratta di produzioni pregne di stereotipi sonori, che guardano all’attualità mainstream di trap e R&B (la stessa ‘Uneventful Days‘, ‘See Through‘, ‘Star‘), e finiscono per dare un’ulteriore sgradevole sensazione, quella di due uomini ben più che maturi maturi (49 anni Hansen, 46 Williams) che provano a fare i giovani. Non è un caso che il brano di gran lunga migliore della lista, ‘Stratosphere‘, sia l’unico esclusivamente lavorato dal solo Beck.

E’ dunque un’unione che non fa la forza e che rimane molto al di sotto delle attese quella tra due delle maggiori star dell’alt-pop USA. Abituati a tracciare nuove strade in prima persona, Beck e Pharrell scelgono stavolta di seguire quelle di altri e, sebbene il mestiere li porti a confezionare pezzi indubbiamente più che ascoltabili, si ritrovano appiattiti in un lavoro monocorde, senza infamia né lode. Ovvero, dove non avrebbero mai voluto essere confinati.

VOTO: 😐



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