Beirut: ‘Gallipoli’ (4AD, 2019)

Genere: world-folk | Uscita: 1 febbraio 2019

Più o meno è andata così: nell’estate 2017 il bassista dei Beirut Paul Collins ha trascorso la luna di miele a Roma. Nella capitale ha avuto modo di conoscere alcuni musicisti della “Italian music scene“, che gli hanno parlato di un bellissimo studio di registrazione situato nella campagna salentina. Paul lo ha subito proposto al leader del gruppo, Zach Condon, che aveva necessità di mettere insieme i pezzi delle canzoni che stava scrivendo e registrando dal 2016. L’idea è piaciuta: così, l’ottobre successivo, Zach, Paul e il batterista Nick Petree sono volati a Roma e quindi hanno preso un treno per Lecce, diretti al Sudestudio di Guagnano: “ci sembrava il posto giusto per lavorare, isolato ma ben equipaggiato e non eccessivamente sofisticato“. Per un mese intero hanno registrato musica con una schedule fittissima, anche 16 ore al giorno. E’ stato in uno dei pochi momenti liberi, durante una capatina per una cena nella città vecchia di Gallipoli, che i tre si sono imbattuti in una processione: “c’era una banda che suonava, i religiosi che trasportavano sulle spalle la statua del santo patrono e dietro di loro pareva seguirli l’intera città“. L’esperienza per loro così insolita ha colpito Zach a tal punto che l’indomani, di getto, ha scritto e registrato una nuova canzone, chiamata per l’appunto ‘Gallipoli‘, che sarebbe diventato anche il titolo del suo quinto album in carriera: “Quel giorno mi è sembrato di ritrovare l’antica gioia di fare musica come esperienza viscerale“, ricorda entusiasta il musicista di Santa Fe, New Mexico.

C’è dunque un bel po’ di Italia nel nuovo LP dei Beirut, a cui Zach ha lavorato per quasi due anni tra New York, per l’appunto Guagnano e Berlino (dove attualmente risiede). Proprio nella capitale tedesca gli ha dato una mano un altro italiano, Francesco Donadello, con il quale ha mixato un disco per cui è evidente il certosino lavoro in fase di architettura e stratificazione dei suoni messo in atto insieme al produttore Gabe Wax (lo stesso del precedente ‘No No No‘, 2015). ‘Gallipoli‘ non fa vedere praticamente nulla di inedito rispetto a ciò a cui Condon ci aveva abituato, è la quintessenza di quella che è sempre stata la sua musica: aulica quanto il suo cantato, colta, orchestrata con una ricca strumentazione (in questo disco soprattutto organi, synth, trombe, tromboni) che la rende modernamente vintage. Mostra un songwriter che ha utilizzato le abbondanti giornate passate a lavorare alle proprie canzoni in maniera fruttuosa (per l’opener ‘When I Die‘, la title-trackGallipoli‘ e l’altro singolo ‘Landslide‘ soprattutto), non sbagliando praticamente nulla sia in fase di scrittura che di arrangiamento, e riuscendo a far trasparire con evidenza la passione per la propria opera. Unico limite di questo LP è il suo essere completamente aderente al resto della discografia, e dunque privo di novità e/o sorprese. Basta e avanza per rimanerne soddisfatti anche se, con il talento che si ritrova, Zach Condon avrebbe ampia possibilità di provare, prima o poi, a fare qualcosa di diverso.

VOTO: 🙂


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