Car Seat Headrest: ‘Making A Door Less Open’ (Matador, 2020)

Genere: indietronica | Uscita: 1 maggio 2020

Considerare i Car Seat Headrest come la band che ha esordito su Matador a fine 2015 è probabilmente un errore. La prima parte della carriera del progetto concepito da Will Toledo è sempre stata considerata dal suo ideatore altrettanto importante, nonostante si fosse sviluppata soltanto attraverso autoproduzioni pubblicate su Bandcamp. Tenendo conto degli otto LP amatoriali postati tra il 2010 e il 2014, si può considerare ‘Making A Door Less Open‘ il loro decimo album di inediti. Una cifra da musicisti navigati, non certo compatibile con l’evidenza di un quartetto definitivamente assestatosi soltanto nel 2016. A livello ‘professionale’, d’altra parte, è questo soltanto il secondo album di composizioni originali, dal momento che ‘Teens Of Style‘ (2015) era una raccolta del meglio della precedente produzione, e ‘Twin Fantasy‘ la rivisitazione hi-fi di uno di quegli otto dischi registrati in cameretta.

Nell’immaginario collettivo dei fruitori di rock alternativo il nome Car Seat Headrest è dunque ancora molto fresco, eppure nell’animo di chi gli ha dato vita non è più così: ‘Making A Door Less Open‘ è nelle intenzioni di Toledo un’album di svolta, una agognata ricerca di ‘qualcosa di nuovo’. L’orientamento è figurativamente rappresentato da Trait, una sorta di alter-ego dello stesso Toledo caratterizzato da una maschera anti-gas con visori illuminati a led: “Un tentativo di farmi vedere da una diversa prospettiva, specialmente quando sono su palco“, spiega Will al New York Times. Una trovata non certo fortunata, visto il valore semiotico assunto dai dispositivi facciali dopo l’esplosione della pandemia, che ha anche fatto sì che il nuovo album della band di Leesburg, Virginia, uscisse in pieno lockdown.

Tutta questa smania di cesura con il passato ha per il musicista americano altre due sostanziali ragioni: la proficua sperimentazione di sintetizzatori, campionatori e drum-machine attuata nel side-project 1 Trait Danger ideato insieme al batterista Andrew Katz (da cui ha origine lo stesso personaggio di Trait), e la volontà di “fare un album che avesse la capacità sonora di competere con la popolarità dei nuovi gruppi pop o hip-hop ai vari Lollapalooza o Coachella“. E’ questo il motivo per cui al suono orgogliosamente slacker, estremamente debitore di precursori come Pavement o Guided By Voices, si aggiungono qua e là spunti synth-pop (‘Can’t Cool Me Down‘), rap (‘Hollywood‘), EDM (‘Deadlines – Thoughtful‘), e che il livello di fruibilità delle linee melodiche si semplifichi parecchio anche nei pezzi dall’anima più classicamente indie-rock.

Un pastiche che non porta però a nulla di esaltante: le singole soluzioni stilistiche appaiono talmente distanti tra loro che ‘Making A Door Less Open‘ sembra una delle tante compilation pubblicate recentemente da Will. All’ampio utilizzo dell’elettronica (‘Hymn‘, ‘Life Worth Missing‘), si contrappongono brani molto tipicamente Car Seat Headrest come ‘Deadlines (Hostile)‘ e il pur bel singolo ‘Martin‘, per giungere al quasi completo unplugged di ‘What’s With You Lately‘. E’ sempre stata una sua caratteristica quella di mettere tanta carne al fuoco, in questo caso pare però mancare una chiara idea di quale debba essere il next step a cui questo LP parrebbe ambire. Non che ogni disco debba essere per forza un concept, ma oltre a brani espressivamente più deboli rispetto alla media a cui Toledo ci aveva abituati (‘Weightlifters‘, ‘There Must Be More Than Blood‘), diverse tracce subiscono scelte quantomeno rivedibili (il terribile crossover di ‘Hollywood‘ o la cassa dritta di ‘Famous‘). Beninteso, ‘Making A Door Less Open‘ non è un completo disastro, perché il mestiere di scafato songwriter del leader dei Car Seat Headrest sopperisce alla confusione da egli stesso generata, ma viene il dubbio che la maschera di Trait non sia altro che un espediente formale per celare un’inattesa carenza sostanziale.

VOTO: 😐



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