Genere: garage-rock | Uscita: 24 aprile 2020
A giudicare dalle informazioni reperibili su internet, la denominazione Dead Ghosts sembra quanto mai azzeccata nei confronti di Byran Nicol (voce/chitarra), Drew Wilky (chitarra), Mike Wilky (batteria), Mauricio Chiumento (basso) e Craig Pettman (organo). Sebbene siano attivi sin dal 2008 e abbiano in curriculum ben quattro LP, su di loro si riesce a scovare poco o nulla, se non qualche intervista di 3-4 anni fa e la stringatissima nota stampa della Burger Records, l’etichetta che li segue da più di 7 anni, che presenta ‘Automatic Changer‘, il loro ultimo album uscito venerdì scorso.
La press-release rende noto che provengono da Vancouver, Canada, e che hanno mosso i primi passi quando ancora era in auge MySpace, dove hanno pubblicato i primi demo. A quanto pare, ai tempi degli esordi erano più orientati al punk-rock, salvo presto virare su “uno spavaldo rock lo-fi infuso di blues“. Sul loro profilo Facebook, invece, li si descrive come una band “garage-rock ‘n’ roll” e si sottolineano “le vibrazioni country“, “i ritmi trascinanti“, oltre ai paragoni con “Black Lips e King Khan & BBQ Show“. Tutto vero, soprattutto quando si parla di garage-rock, che in ‘Automatic Changer‘ appare come una precisa scelta di campo, sul quale si vanno poi ad aggiungere altre componenti di provenienza vintage come i citati blues (‘Blackout‘, ‘Merle‘), punk (‘It’s Been Too Long‘, ‘In & Out‘) e country (‘Holdin’ Me Down‘, ‘Turn It Around‘), a cui andrebbero aggiunti anche un po’ di rockabilly (‘You Got Away‘, ‘Bad Vibes‘) e un gustoso tocco psichedelico (‘Freak‘, ‘Jerry’s Dead‘).
Va da sé che, per consapevole scelta estetica, il quarto album in carriera dei Dead Ghosts non abbia nulla di granché specifico, ma nonostante ciò risulti davvero difficile separarsene frettolosamente. Un po’ per il fatto che le tracce in scaletta siano ben 15 (la maggior parte, comunque, al di sotto dei 3 minuti), ma specialmente perché nella pratica si rivelano tutte potenziali singoli, frizzanti e spassosi. I cinque anni passati a scrivere questo disco sono evidentemente stati prolifici e proficui, e i 16 mila e rotti follower su Facebook attestano come la loro abilità fosse già stata riscontrata da tempo. Dopo averli ascoltati, non possiamo che confermarlo anche noi, domandandoci dove diamine siano rimasti nascosti tutto questo tempo.