Death Cab For Cutie: ‘Asphalt Meadows’ (Atlantic, 2022)

Genere: indie-pop/rock | Uscita: 16 settembre 2022

Il lockdown di Ben Gibbard è andato in onda per lungo tempo sui social media sotto forma di una serie di “Live From Home” a cadenza settimanale. Il leader dei Death Cab For Cutie non ha però fatto uso delle lunghe giornate di isolamento forzato soltanto per mantenere il contatto con i propri fan, ma ha composto, abbozzato e aggiustato una novantina di canzoni inedite. Undici di esse sono state scelte per la scaletta finale di ‘Asphalt Meadows‘, decimo LP della storia della sua band, giunta ormai al quarto di secolo di onorato servizio.

Si è servito di un metodo efficace, Ben, per dare vita al successore di ‘Thank You For Today‘ (2018): commissionare casualmente a uno dei suoi colleghi le modifiche finali a ogni singolo pezzo con un termine prestabilito in 24 ore: “È stato un ottimo modo per connetterci l’uno con l’altro come band pur non trovandoci nello stesso spazio fisico. Mi ha tenuto alto il morale sotto diversi punti di vista“, racconta a Spin il bassista Nick Harmer, unico altro membro originario del quintetto oltre a Gibbard. L’idea alla base del disco nuovo è stata “iniettare una scarica di energia nel nuovo lavoro. Fare un altro disco delicate e tristi sarebbe stato così dannatamente prevedibile e noioso“, spiega Gibbard. L’obiettivo, aggiunge, “era provare cose nuove mantenendo un certo senso di familiarità“.

E in effetti in ‘Asphalt Meadows‘ tornano le chitarre distorte, che ai volumi di ‘I Don’t Know How I Survive‘, ‘Roman Candles‘ e ‘I Miss Strangers‘ non si sentivano da un po’. Accanto, qualche accorgimento produttivo da band generalista, come un utilizzo troppo reiterato di drum-machine e ritmi preconfezionati. Nella realtà, il produttore John Congleton non sembra aver voluto dare una precisa direzione al disco, limitandosi a supportare le idee del frontman (“È stato il primo disco da molto tempo in cui mi sono sentito completamente in sintonia con il produttore“, dice non a caso Ben) e soprattutto la sua scrittura. Compaiono comunque, nonostante i propositi della vigilia, quei pezzi “gentle and somber” da cui si voleva allontanare: ‘Rand McNally‘, ‘Wheat Like Waves‘ e ‘I’ll Never Give Up On You‘, ad esempio, che portano tutto al lavoro su quella indeterminatezza post-indipendente che ha caratterizzato gli album dei DCFC usciti negli anni ’10. Analogamente ad essi, ‘Asphalt Meadows‘ è un disco gradevole e riuscito, ma ancora una volta lontano da quelle canzoni sensazionali della loro prima parte di carriera.

VOTO: 🙂



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