Destroyer: ‘Have We Met’ (Dead Oceans, 2020)

Genere: soft-rock | Uscita: 31 gennaio 2020

Potrebbe suonare improprio parlare di DIY e homemade-pop a proposito di Destroyer e del suo tredicesimo e più recente LP, ‘Have We Met‘. La sua caratteristica complessità, sia dal punto di vista musicale che testuale, lo allontanano parecchio dall’estetica di chi ama comporre musica con pochissimi mezzi a disposizione. Eppure, il nuovo album di colui che all’anagrafe fa Daniel Bejar deve molto alla semplicità di utilizzo di GarageBand e all’immediatezza interfacciale di un iPad.

Sono infatti stati i demo realizzati da Dan nella sua abitazione con il proprio laptop la base da cui John Collins, compagno di Dan nei New Pornographers e già co-produttore dell’acclamato ‘Kaputt‘ (2011), è partito per aggiungere il suo basso e, tramite tablet, una miriade di sintetizzatori e suoni campionati. Ha creato insomma quel tappeto sonoro su cui il crooning da stream of consciousness di Destroyer si appoggia con agio. Collins, del resto, conosce Bejar da più di 20 anni, sa bene quanto l’estro del cantautore canadese abbia bisogno di essere assecondato. “Falle suonare cool” era stata la generica ma inequivocabile richiesta dell’amico.

Have We Met‘ è in effetti emblematico nel mostrare genio e sregolatezza del musicista di Vancouver. ‘Crimson Tide‘, primo singolo estratto, è ad esempio sensazionale nella sua incisiva stratificazione. Quel basso pieno e tirato che interviene dopo quasi un minuto e mezzo dà alle melodie barocche congegnate da Destroyer quella sostanza che non sempre riescono a conseguire. Lo aveva per la verità fatto molto bene e con grande continuità nel precedente analogicissimo e suonatissimo ‘Ken‘ (2017), ma questo nuovo lavoro è un po’ un ritorno ai cliché che da sempre lo hanno definito stilisticamente, su cui Bejar tergiversa parecchio. Lo fa consapevolmente, è fatto così, è uno che costruirebbe dischi interi di interlocutori interludi. Qui ce ne sono parecchi: ‘The Television Music Supervisor‘, ‘Cue Synthesizer‘, ‘University Hill‘ e la title-track ‘Have We Met‘ sono il trionfo della forma sulla sostanza. Non decollano mai, mantengono quell’atmosfera soft da lounge bar senza profondità, di cui invece un’altra parte di disco (‘Kinda Dark‘, ‘It’s Just Doesn’t Happen‘, ‘The Raven‘, ‘The Man In Black’s Blues‘) è più che sufficientemente fornita. Siamo consci che molti adorano, e da molti anni, gli arzigogoli un po’ fini a se stessi della musica di colui che si fa chiamare Destroyer. Ma ragioniamo dal punto di vista delle canzoni, che poi è ciò che si chiede a un cantautore: al netto del “suonare cool”, siamo sicuri che tutte le tracce di questo disco si possano definire tali?

VOTO: 😐



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