🎵 Art-rock | 🏷 (untitled) recs | 🗓 11 ottobre 2024
A volte, per rendersi più visibili è necessario nascondersi. Jack Merrett lo fa da otto anni sotto lo pseudonimo Famous, che in passato è stata una vera e propria band ma ora è un affare esclusivamente suo. Peraltro, trovare qualche informazione su Google cercando “Famous” e “band” è praticamente impossibile: si rischia di vedersi uscire quasi tutta la storia della musica prima di arrivare a questo progetto attivo da circa otto anni, con due EP (‘England‘ del 2019 e ‘The Valley‘ del 2021) alle spalle. Insomma, Famous, oltre ad apparire piuttosto supponente, non è certo una denominazione SEO-friendly. Jack si espone all’equivoco anche in associazione al verde evidenziatore che riempie quasi totalmente la copertina di questo suo primo LP, con tanto di titolo, ‘Party Album‘, scritto con i colori della bandiera britannica. Un risultato grafico che potrebbe farlo sembrare un disco di un deejay da rave favorevole alla Brexit, e che invece custodisce alcuni dei brani più cupi, disillusi e autentici usciti quest’anno: “Un lungo dramma adolescenziale che minaccia sempre di finire ma che va avanti all’infinito“, lo definisce il suo autore. Evidentemente, tutt’altro che una festa.
È un esordio, questo, che comincia a sorprendere già dalle prime note (ovvero dall’opener/intro ‘Boxing Day‘), da quelle distorsioni che sembrano abbandonate al loro destino e da quella voce baritonale e roca che è uno dei tratti distintivi di un suono personalissimo, affinato (se così si può dire) sul palco del Windmill di Brixton insieme a quelle band che compongono (o hanno composto) la poliedrica scena di South London. Merritt proviene però dal nord della capitale, dal problematico quartiere di Tottenham, e si sente (esplicitamente in ‘Leaving Tottenham‘): il suo disincanto è il compendio di una vita passata in una urbanità in cui non ci sono soltanto locali e (per l’appunto) feste, ma in cui è più che mai difficile vivere situazioni e relazioni. E pensare che, in principio, i Famous avevano l’idea “di fare un disco rock molto autentico. Parlavamo continuamente di come volevamo fare un disco di rock classico. Un disco di rock classico pronto per gli stadi. Ma… sì, col tempo è diventato diverso“.
Ed è diventato qualcosa di unico, di cui in diversi stanno cominciando ad accorgersi. Si ascolti ‘What Are You Doing The Rest Of Your Life‘, per esempio: un singolo a suo modo perfetto ma che probabilmente non è stato pensato come tale, in cui dei sintetizzatori lo-fi si sovrappongono a un tessuto di chitarre aggrovigliate e ai vocals di Jack che, da controfigura di un Matt Berninger in hangover, giunge al ritornello urlante e devastato. Oppure ‘God Hold You‘, un pezzo che sfiora il metal e che si chiude con un vortice di inquietante stridore, subito seguito da una ballata acustica assai straziante come ‘It Goes On Forever‘. Il brano che si fa preferire è però ‘2004‘, un racconto confidenziale che cresce di intensità prima attraverso una malinconica marcetta synth-pop e quindi con una densissima coda elettrica. Insomma, non ci si annoia di certo con la musica dei Famous, che, come afferma Dork, “non rimane nello stesso posto per più di due minuti“. E non è un caso che questo esaltante rollercoaster, dopo tanto rumore, si concluda con un lentone soft-rock al pianoforte, ‘Love Will Find A Way‘, che dopo tonnellate di amarezza lascia accesa una luce in fondo al tunnel. Una luce bianca e calda, non certo verde fosforescente.
😀