Father John Misty: ‘God’s Favorite Customer’ (Bella Union, 2018)

Genere: glam-pop | Uscita: 1 giugno 2018

Stare al centro dell’attenzione è qualcosa che a Josh Tillman piace sin da bambino. Cresciuto in una famiglia di fondamentalisti cristiani, quando aveva sei anni pensò che avrebbe potuto diventare un pastore, in modo da avere per sempre un pubblico a cui parlare. Liberatosi dalle imposizioni famigliari, Josh scoprì la musica e soprattutto Bob Dylan, imparò a suonare un bel po’ di strumenti e a incidere album come se non ci fosse un domani: ben otto tra il 2003 e il 2010 come J. Tillman, uno in quanto batterista dei Fleet Foxes, altri quattro tra il 2012 e oggi in qualità di Father John Misty. Inutile sottolineare come questo moniker sia quello che maggiormente senta suo, e non solo per la realizzazione del sogno infantile di diventare “father”. Come Padre Giovanni Nebbioso Josh ha trovato la definitiva consacrazione, anche perché ha saputo esprimere se stesso al massimo: eccezionalmente bene in ‘I Love You, Honeybear’ del 2015, a volte eccedendo un po’ troppo in creatività come nel precedente, interminabile, ‘Pure Comedy’ dell’anno scorso.

God’s Favorite Customer’ mostra invece un Father John Misty con i piedi insolitamente piantati per terra: la compulsiva smania di orchestrazioni è stata sostituita da un semplice studio di registrazione ben fornito, le nuove canzoni non si lasciano tentare da dilatazioni comprensibili soltanto da chi le mette in atto, le collaborazioni sono tutte di spessore (i due Jonathan, Rado e Wilson, alla co-produzione di alcune tracce, Weyes Blood alla voce nella title-track, c’e persino Mark Ronson che suona il basso) ma nessuna ruba troppo la scena all’autore dei brani. Musicalmente, è il pianoforte a farla da padrone, spesso arricchito da altre tastiere, chitarre, fiati, un po’ come si faceva negli anni ’70 con certi album soft-rock. L’accorgimento aiuta molto lo stream of consciousness che il Nostro mette in atto: il protagonista è infatti molto più Josh di Father John. Vengono così abbandonate alcune messinscene ambiziose da concept-album per concentrarsi sull’intimità del cantautore, che tra l’estate del 2016 e l’inverno del 2017 (ovvero quando ha scritto le dieci tracce in scaletta) ha passato un periodo davvero poco esaltante a livello sentimentale. Il cuore spezzato di Tillman ha dato alle sue nuove canzoni sentimento e comunicativa, e reso più spontanea l’interpretazione. Sebbene le sue capacità di songwriter siano arcinote, è difficile non fremere di fronte ad aperture melodiche esplosive come in ‘Hangout At The Gallows’, ‘Mr. Tillman’, ‘Date Night’, ‘Disappointing Diamonds Are The Rarest Of Them All‘ e l’auto-biograficissima ‘The Songwriter’. Insomma, Father John Misty è riuscito a sintetizzare (finalmente) al meglio i suoi talenti: pensiamo sia il suo album più riuscito, se anche non fosse lasciateci perlomeno dire che è quello che preferiamo.

VOTO: 😀



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