Father John Misty: ‘Mahashmashana’

🎵 Soft-rock | 🏷 Bella Union | 🗓 22 novembre 2024

Che Josh Tillman, da quando si fa chiamare Father John Misty, non faccia cose se non molto in grande, è ormai quasi pleonastico ribadirlo. La grandiosità delle sue composizioni gli ha dato un chiarissimo posizionamento nella scena cantautorale fuori dal mainstream. Il suo alter-ego è anche un personaggio non facilissimo da gestire, per chi vuole avervi a che fare. Piuttosto presuntuoso quanto scontroso, raramente avvicinabile anche solo per un’intervista. Eppure è così talentuoso, capace della melodia più fascinosa e avvolgente come di indicare in che direzione stia andando il mondo moderno.

Tutto ciò è, ovviamente, contenuto anche in ‘Mahashmashana‘, sesto capitolo con la nuova denominazione dopo altri otto con la vecchia (più laconicamente “J. Tillman”) e un disco da batterista dei Fleet Foxes. Un titolo che significa, più o meno, “terreno buono per la cremazione” in sanscrito, ad indicare quei punti del mondo dove, idealmente, fosse indicato che l’anima passasse dalla vita terrena a quella eterna dell’aldilà. “Mentre sto girando l’angolo dei 40 anni, c’è una sensazione di impermanenza che si sta insinuando all’orizzonte“, afferma in una rara chiacchierata con NPR con la solita grottesca ironia, la stessa che gli ha permesso di scrivere una canzone su un’ipotetica reazione del suo corpo all’assunzione periodica di piccole quantità di LSD (‘Josh Tillman And The Accidental Dose‘). Titolo istrionico quanto le musiche di questo lussuoso LP di otto brani in 50 minuti, con due che superano gli otto e mezzo e un altro paio oltre i sei, pieni di archi, fiati, chitarre, pianoforti, e chi più ne ha più ne metta.

Mahashmashana‘ è un disco che potrebbe anche essere preso da esempio come l’apice artistica di un percorso e la definitiva chiarificazione di un discorso musicale, come se Tillman avesse concretamente nella testa come progredire, gettando nel capientissimo calderone da lui stesso approntato altri elementi variabili (ad esempio, per la prima volta la sua backing band suona al completo in un suo disco), rafforzando uno stile ormai riconoscibilissimo, a cui non secondariamente si associa una personalità interpretativa fuori dal comune. Capace di far ricredere chi, come il sottoscritto, non ama quasi mai i dischi carichi di strumentazione, e che mal sopporta quelli un po’ troppo pieni di sé. Il caso di Father John Misty è la classica eccezione che… cambia le regole.

😀



 

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