Feet: ‘What’s Inside Is More Than Just Ham’ (Clapped, 2019)

Genere: brit-punk | Uscita: 4 ottobre 2019

Che le idee di coloro che compongono i Feet siano piuttosto chiare, è evidente dal fatto che il quintetto originario di Coventry abbia fondato la propria etichetta, la Clapped Records, ancora prima di esordire su LP. La fiducia nei propri mezzi è dunque da tempo piuttosto alta, corroborata dalle ottime impressioni raccolte dai singoli (ben 6) che hanno anticipato ‘What’s Inside Is More Than Just Ham‘, LP d’esordio dal titolo che è tutto un programma, e che è anche il frutto di un lungo e duro lavoro cominciato circa tre anni fa all’università di Coventry. Non andò subito benissimo: il primo concerto fu interrotto dalle lamentele del pubblico, che evidentemente non apprezzò granché. George (detto Jeep) e compagni, però, continuarono imperterriti a suonare, migliorando parecchio anche grazie all’ingresso nel gruppo del chitarrista Harry. La loro schedule divenne così fitta che dovettero fuggire in campagna, nel Bedfordshire, per trovare il tempo di comporre le loro canzoni. Dopo qualche litigio con i locali contadini, infastiditi dai rumori che provenivano dal fienile che divenne la loro sala prove, l’album d’esordio dei Feet, al cui esito finale hanno contribuito Cam Blackwood (Jamie T, London Grammar, Billie Marten) alla produzione e Alan Moulder (Foals, Interpol, Beach House) al mix, era pressoché pronto.

E c’è effettivamente “molto più che prosciutto” in questo energico e vivace esordio di 10 brani per 35 minuti. Idee chiare, dicevamo, e anche concise, ma non banali: “Siamo assolutamente incapaci di scrivere la stessa canzone due volte“, spiega il bassista Oli. “Anche se ci provassimo non credo ci riusciremmo, è per questo che cerchiamo sempre qualcosa di diverso da fare“. In effetti ‘What’s Inside Is More Than Just Ham‘ è un disco vario e poco prevedibile, sebbene appaia evidente che ad averlo realizzato sia stata una band inglese. Non soltanto per alcuni titoli, su tutti ‘English Weather‘, ma anche per le evidenti fonti di ispirazione: la press-release cita Blur, Happy Mondays, Buzzcocks, Super Furry Animals e Shame, ma è evidente che se non ci fossero stati i Libertines, i Feet non suonerebbero così. Sono anche loro punk dentro, sebbene da fuori potrebbero apparire persino dei bravi ragazzi, magari solo un po’ casinisti.

Good Richard’s Crash Landing‘, primo brano in scaletta, è un bel riassunto di quanto si sentirà nel resto del disco. Riff incalzanti, cambi di genere e di ritmo, dichiarato rifiuto nei confronti dello status quo (e di “questa desolata nazione gentrificata“), un’ironia mista a sarcasmo che non vuole soltanto fare ridere. Sono tutti punti di forza di un album che è pieno di brani ficcanti e pungenti (‘English Weather‘, ‘Dog Walking‘), che sanno incendiarsi all’improvviso (‘Petty Thieving‘, ‘Outer Rim‘), ma che hanno anche groove e cantabilità (‘Ad Blue‘, ‘Chalet 47‘, ‘Wiggy Pop‘). Insomma, i Feet si rivelano un’altra ottima rockband da aggiungere alla lista di quei giovani gruppi anglo-sassoni della nuova ondata che stanno riscrivendo, con grande personalità e molto da dire, la tradizione punk e post-punk britannica.

VOTO: 🙂



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