Fontaines D.C.: ‘A Hero’s Death’ (Partisan, 2020)

Genere: post-punk | Uscita: 31 luglio 2020

Come suggerisce la press-release, la sostanziale differenza tra ‘Dogrel‘, il sensazionale debutto dei Fontaines D.C. dello scorso anno, e ‘A Hero’s Death‘, immediato quanto inatteso seguito, è esemplificata dai ritornelli dei rispettivi opener: “My childhood was small / But I’m gonna be big!” (da ‘Big‘) vs ““I don’t belong to anyone / I don’t want to belong to anyone” (da ‘I Don’t Belong‘). Il successo tanto agognato è diventato qualcosa da cui fuggire, affrancarsi, per due ragioni principali: la perdita della dimensione privata data da un anno intero passato su un tour-bus (“Le nostre anime non avevano più un posto in cui vivere“, ricorda con una certa tristezza Grian Chatten) e il vertiginoso aumento di aspettative nei propri confronti, tale da rendere quasi traumatico il pensiero di un sophomore all’altezza (“Ero consumato dal bisogno di scrivere qualcos’altro per alleviare la paura che non sarei mai più stato in grado di farlo“, confessa il frontman nella nota stampa della Partisan Records).

A Hero’s Death‘ è dunque un disco terapeutico. In questa intervista all’NME Grian parla esplicitamente di “solitudine“, “claustrofobia” e “depressione“, e di come lo scrivere lo abbia sempre aiutato, sin da quando era più giovane. Per questo, interrompere un tour americano che stava portando la band all’implosione e tornare a Dublino ricominciando da capo a lavorare su nuove canzoni era diventata come una necessità impellente per i Fontaines D.C., che contestualmente volevano risolvere al più presto la questione secondo album prima che diventasse un fardello troppo pesante. Queste canzoni dovevano essere, però, assolutamente distanti da ciò che le aveva precedute, come se provenissero da un’altra band: “Abbiamo iniziato a sentirci molto lontani da quelli che eravamo quando abbiamo scritto ‘Dogrel’” (è sempre la voce del gruppo a parlare, ndr), tanto che l’eroe defunto del titolo sembrerebbe proprio rappresentare la band del primo disco. Band che oggi è pienamente consapevole della rottura con recente passato, ma allo stesso tempo estremamente determinata a perpetrarla: “Questo disco siamo noi come persone. Se la gente non riesce ad accettarlo o non gli piace, allora la loro band non c’è più“, afferma lapidario Chatten.

E così in ‘A Hero’s Death‘ non c’è più neanche l’ombra di quei bangers adrenalinici ed entusiasmanti quali ‘Too Real‘, ‘Liberty Belle‘, ‘Boys In The Better Land‘ o ‘Sha Sha Sha‘. È composto da brani cupi e introspettivi, che rimangono tali anche quando, non troppo frequentemente (‘A Lucid Dream‘, ‘Living In America‘), i volumi si alzano e i BPM aumentano. È costruito su quattro toccanti ballate, poste in scaletta a coppie di due: ‘You Said‘ e ‘Oh Such A Spring‘ a metà disco e ‘Sunny‘ e ‘No‘ in chiusura. Sono le tracce che più ne definiscono il contenuto musicale e marcano il distanziamento con l’ingombrante esordio. Il sophomore del quintetto irlandese è molto più post-punk che punk, al suo interno meno dinamico e vivace. Non un difetto, proprio perché seguente a quanto già espresso solo pochi mesi fa. Tuttavia, è difficile ritrovarvi la stessa continuativa soddisfazione di ‘Dogrel‘, rimanere ugualmente sorpresi con il susseguirsi delle tracce. Se vogliamo essere sinceri e non necessariamente compiacenti, dobbiamo esplicitare che a livello creativo questo disco è un passo indietro. Due brani comunque molto riusciti come la title-trackA Hero’s Death‘ e ‘Televised Mind‘ sono costruiti sulla pedissequa ripetizione di una strofa, e più in generale tutto il lavoro rimane prigioniero del ridotto arco temporale in cui è stato composto e dello stato d’animo descritto dal suo principale autore, che ne limitano giocoforza lo spettro sonoro. Come si diceva in precedenza, però, ‘A Hero’s Death‘ non va visto come il successore di ‘Dogrel‘, piuttosto come il suo opposto. E allora queste canzoni vanno analizzate di per sé, non in riferimento ad altre. Se le si ascolta senza troppi raffronti, se ci si immedesima nelle loro ragioni, non si può non considerarle comunque ottime, e nell’insieme componenti di un opera solida, matura e promettente (quasi) quanto quella precedente.

VOTO: 😀



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