Genere: dream-folk | Uscita: 30 novembre 2018
E’ sempre rigenerante ritornare in provincia dalla grande città: si respira un’aria migliore, i ritmi sono meno frenetici, si rincontrano i vecchi amici, magari un po’ invecchiati. I Foxwarren per Andy Shauf sono un po’ questo: un’altra vita, una tregua dalla frenesia dell’essere un cantautore di successo, una meritata pausa tra chi si conosce da sempre. Era da un po’ che Andy aveva abbandonato l’impronunciabile Saskatchewan per andare a vivere a Toronto. Quando ancora stava a Regina, il capoluogo, frequentava soprattutto tre amici, di quelli per la pelle, che rimangono tali senza che ci sia bisogno di vedersi spesso: Dallas Bryson e i fratelli Darryl e Avery Kissick. Avevano messo in piedi una band e deciso di pubblicare un disco, per questo si erano spostati 300 chilometri più a est, in una cittadina chiamata (per l’appunto) Foxwarren, nella casa di campagna della famiglia Kissick: sembrava il posto ideale per registrare, lontano dalle distrazioni e dalle lamentele dei vicini. In realtà quelle sessions non andarono benissimo, il disco non uscì mai, ma il viaggio servì comunque, sia per dare un nome al gruppo che per cementare l’unione tra i quattro ragazzi.
Non ci fu più il tempo di finirlo, quel lavoro, perché Andy intraprese un’appagante carriera solista che lo tenne decisamente impegnato per un po’. Degli amici però non si è mai dimenticato, e il tempo per tornare in studio con loro alla fine lo ha trovato, dieci anni dopo quei primi tentativi. L’esperienza accumulata da ognuno (anche i fratelli Kissick hanno recentemente pubblicato un LP come D.A. Kissick) ha reso più facile completare quelle che erano semplici bozze di canzoni, e ha dato i giusti spunti per scriverne di nuove.
In principio era stata la comune passione per Pedro The Lion, Paul Simon e The Band ad aver indirizzato le composizioni del quartetto, che ora logicamente si sono ricalibrate su quanto mostrato da Shauf nei propri dischi in autonomia. I Foxwarren ne sono una versione più spoglia, ma non dimessa: dipingono sognanti ballate folk un po’ psichedeliche, in cui la strumentazione è sempre misurata ma apprezzabilmente incisiva. A comandare sono le chitarre acustiche, hanno però un ruolo importante anche tastiere e brevi divagazioni elettriche (come la coda di ‘Fall Into A Dream‘). ‘To Be‘, ‘In Another Life‘, ‘Your Small Town‘ e ‘Sunset Canyon‘ sono delicatamente adorabili, così come 9/10 di questo LP. Capitolo a parte merita il restante decimo, ‘Everything Apart‘: costruito su un giro di basso vagamente funky, ha un tiro che lo porta al di fuori delle atmosfere del resto dal lavoro, ma lo rende così efficace da poterlo candidare come uno dei migliori singoli dell’anno. Un’ulteriore dimostrazione che la lunga attesa non è assolutamente stata vana.