Gengahr: ‘Sanctuary’ (Liberator, 2020)

Genere: indie-pop | Uscita: 31 gennaio 2020

Se è vero che la scrittura musicale viene spesso ispirata da amare vicende personali, prima di comporre le canzoni di ‘SanctuaryFelix Bushe aveva fatto il pieno: la perdita della madre, la separazione forzata con la fidanzata australiana causa scadenza del suo visto in UK, piccole/grandi fibrillazioni all’interno dei Gengahr, il gruppo che aveva contribuito a fondare nel 2013 e con il quale aveva fatto uscire già due album. Questo periodo tumultuoso lo ha lasciato con molte cicatrici ma anche con addirittura 60 composizioni in saccoccia, tra le quali, per dare vita al terzo LP della sua band, ne sono state selezionate dieci.

E’ stato Jack Steadman ad aiutarlo nella scelta; il frontman dei Bombay Bicycle Club che ha mostrato subito di condividere la stessa visione musicale di Felix: “Adoro la musica pop e non c’è niente di meglio che trovare il perfetto equilibrio tra accessibilità e stranezze, e Jack è sulla mia stessa lunghezza d’onda.” Cosi, sotto la sua produzione, ‘Sanctuary‘ è venuto fuori l’album più accessibile dei tre pubblicati sinora dai Gengahr. Non ha la delicatezza dell’esordio ‘A Dream Outside‘ (2015), tutt’oggi il loro migliore, né la complessità del successivo e travagliato (era stato completamente ri-registrato prima dell’uscita) ‘Where Wildness Grows‘ (2018). E’ pero il disco che più esce dal seminato dream/psych-pop che aveva caratterizzato sinora il quartetto di Hackney.

Heavenly Maybe‘, ad esempio, è un singolo assolutamente perfetto nella sua indole estremamente disco, ambientazione che i Gengahr non avevano mai neanche minimamente sfiorato. Anche ‘Never A Low‘ è traccia ugualmente lontana dalla band che conoscevamo, anche se con risultati meno entusiasmanti e qualche ammiccamento all’hip hop un po’ forzato. I quattro ragazzi inglesi fanno molto meglio, e in generale molto bene, nell’immediatezza di canzoni come ‘Atlas Please‘, ‘You’re No Fun‘, ‘Soaking In Formula‘, ‘Anime‘ e ‘Icarus‘, tutti brani ancora un po’ psichedelici, ma provvisti anche di un inedito tiro funky. E’ proprio il grande pregio di un disco come ‘Sanctuary‘, quello di essere estremamente diretto e catchy. C’è dunque meno profondità rispetto ai due precedenti capitoli, ma la generalizzata gradevolezza dell’opera, e la constatazione che i Gengahr non rimangono mai uguali a se stessi, portano ad apprezzare questo disco senza troppi distinguo.

VOTO: 🙂



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