Genere: psych-rock | Uscita: 2 febbraio 2018
Siamo soliti attenderci il peggio ogni volta che, all’avvicinarsi dell’uscita di un nuovo album, sentiamo parlare di “maggiore immediatezza” e di “aumento della componente elettronica”. Che, peraltro, è proprio ciò che hanno scelto gli Hookworms per il loro terzo LP. In barba agli stereotipi, però, questa volta l’effetto generatosi è quello opposto: ‘Microshift‘ è infatti un lavoro riuscitissimo, che elimina inutili psych-orpelli che la band di Leeds si portava appresso dagli esordi, e va davvero dritto al punto.
Beninteso, Matthew ‘MJ’ Johnson e soci non erano niente male neanche prima, ma qui abbiamo uno di quei dischi che si possono definire “pienamente centrati”, con belle melodie, grandi ritornelli, ottime trovate in sede di arrangiamento. Tra esse i succitati inserti elettronici che (per fortuna) non vanno a modificare la sostanza dei brani, ma semplicemente riescono a migliorarne la resa, come accade in ‘Ullswater‘, ‘Boxing Day‘ e ‘Shortcomings‘. E’ bene sottolineare come la nuova musica degli Hookworms, che si va a posizionare esattamente a metà strada tra il psych-rock e la periferia del brit-pop, mantenga la sua classica componente weird. Trovare sorprese in ogni canzone (basti sentire come parte ‘Negative Space‘) aumenta ulteriormente l’appeal di ‘Microshift‘, e lo rende un album che ha tutte le carte in regola per passare da piccolo/grande culto a classico.