Idles: ‘Crawler’ (Partisan, 2021)

Genere: post-punk | Uscita: 12 novembre 2021

È stato un incidente automobilistico, che diverso tempo fa coinvolse in prima persona il frontman Joe Talbot, la principale ispirazione di ‘Crawler‘, il quarto album degli Idles in meno di cinque anni. Lo sventurato evento si è rivelato una sorta di punto di svolta per il musicista inglese, l’inizio della fine di un percorso auto-distruttivo cominciato con un’adolescenza tutt’altro che felice, segnata dalla separazione dei genitori e dalla dipendenza dall’alcol della madre. Anche Joe è stato a lungo dipendente, sin da quando aveva 12 anni. Era sotto effetto di sostanze stupefacenti quando si scontrò con un motociclista, evento che, pur nella sua avversità, gli offrì l’opportunità di una riflessione sul proprio stile di vita. ‘Crawler‘ è la trasposizione in musica di quelle considerazioni e di quel percorso di rinascita: “Rifletto, racconto la mia storia, senza cercare di raccontare una storia che possa valere per tutti. Non cerco di aggiustare il mondo, parlo soltanto di come io sto aggiustando il mio“, spiega Talbot nella press-release, fornendo con grande chiarezza la chiave di lettura per i 14 brani in scaletta.

È probabilmente questa stessa componente riflessiva ad aver portato una certa discontinuità nel suono del quintetto di Bristol, che a dire il vero nei primi tre LP era rimasto un po’ imprigionato in una formula sì efficace, ma alla lunga ridondante. “Una delle cose importanti nello scrivere questo album è stata la nostra volontà di sperimentare, progredire ed evolvere nel nostro songwriting“, conferma il chitarrista Mark Bowen, che ha co-prodotto il disco insieme a Kenny Beats, producer americano decisamente più legato al mondo dell’hip-hop (ha lavorato con Vince Staples, Slowthai e Freddie Gibbs) che a quello del punk-rock. ‘Crawler‘ è dunque, con evidenza, un disco che intende marcare una sensibile discontinuità rispetto a ‘Ultra Mono‘ (2020), un LP che era sembrato perfetto per essere suonato sui main stage dei grandi festival. In questa tracklist, invece, ci sono un bel po’ di brani che si possono rozzamente definire lenti, escludendo i due brevi interludi sono ben 6 su 12, e alcuni di essi suonano come mai Joe e compagni avevano suonato.

Progress‘ è l’esempio più fulgido, rinchiusa tra i due interludi di cui sopra è dichiaratamente il nodo focale del disco, “a mantra of realization“, come lo descrive il frontman in lingua madre, una meditazione psichedelica che non sembra neanche sia lui a cantare. Era stato evidente sin dai primi singoli che le novità sarebbero state parecchie, dalla “melodia soul” (così la descrive lo stesso Talbot) di ‘The Beachland Ballroom‘ alla meccanicità di ‘Car Crash‘. Anche l’openerMTT 420 RR‘ e le rumorosamente intense ‘Stockholm Syndrome‘ e ‘The End‘ si mostrano inconsuete ma solidamente amalgamate alla cifra stilistica della band inglese. Con ‘Crawler‘ gli Idles hanno accresciuto il loro valore assoluto e arricchito il loro bagaglio artistico, che seguita a contemplare banger irresistibili come ‘The New Sensation‘, ‘Crawl‘ e ‘Whizz‘, ma che da oggi può vantare altre eccellenze di differente derivazione. La loro candidatura a migliore band alternative-rock contemporanea è, alla luce di un disco come questo, quanto mai credibile.

VOTO: 😀



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