Alcuni album, usciti nel mese appena trascorso, che meritano due parole. In rigoroso ordine alfabetico:
Bdrmm: ‘Microtonic’
Se nel debutto ‘Bedroom’ i Bdrmm erano rimasti sintonizzati su uno shoegaze piuttosto classico, e nel sophomore ‘I Don’t Know’ avevano cominciato a inserire i primi beat elettronici, è in questo ‘Microtonic’ che i due elementi si coagulano in maniera definitiva e pure intrigante. La band inglese pare aver trovato definitivamente la propria strada e il proprio suono, che giova a un album che può essere a pieno titolo definito “della maturità”. 🙂
Deep Sea Diver: ‘Billboard Heart’
Che i Deep Sea Diver siano di Seattle è già indicativo della musica che suonano. Distorsioni e melodie, come da tradizione locale, alternate così efficacemente da essere stati scelti dai concittadini Pearl Jam per aprire alcuni loro concerti. Dopo una lunga gavetta (sono insieme dal 2012), questo è il terzo album che esce per un’etichetta (guarda caso di Seattle, la Sub Pop), il quarto in totale, che conferma come l’alternanza quiete/rumore rimanga tra i loro punti di forza, così come i ritornelli cantabili. Buon disco dunque, che allargherà la fanbase. 🙂
Doves: ‘Constellations For The Lonely’
I fan dei Doves saranno felicissimi di questo nuovo LP, levigato e stratificato ancor più dell’abituale, e dunque complesso e pure molto cupo anche per le vicissitudini di salute del chitarrista e cantante Jimi Goodwin. Necessita più ascolti ‘Constellations For The Lonely’, e sebbene difetti (può essere anche per scelta) di un singolo trainante, non si può non rilevare la continua ricerca di profondità della band di Manchester, sia sonora che emotiva. 🙂
Horsegirl: ‘Phonetics On And On’
Ritmi irregolari, chitarre janglate e melodie dreamy sono i tre elementi principali di un sophomore che è anche un attestato di maturità per questa giovane band. Conferito da una professoressa come Cate Le Bon che ha prodotto le undici tracce in scaletta senza lasciare un segno marcato, ma rispettando l’attitudine pop delle Horsegirl. In definitiva, un gran bel disco che si lascia ascoltare altrettanto alla grande. 😀
Manic Street Preachers: ‘Critical Thinking’
Il drumming insistente e lo spoken-word di Nicky Wire, che caratterizzano la title-track, aprono un disco che si propone eloquentemente di essere, se possibile, ancora più combattivo. Lo fa con un vigore non così comune nelle ultime uscite dei Manics, tante chitarre e i soliti testi sferzanti di James Dean Bradfield. La band gallese probabilmente non cambierà mai, ma in questa versione così decisa appare persino fresca. 🙂
Porridge Radio: ‘The Machine Starts To Sing’ EP
Se si pensa che queste quattro canzoni sono state scartate dall’ultimo LP, si riesce a cogliere la grandezza dei Porridge Radio e la bellezza che sono riusciti a diffondere in questi pochi anni. Una bellezza sporca, combattiva, rumorosa e tutt’altro che solare, che è riuscita ad arrivare al cuore di una fanbase assai determinata nel supportare i saliscendi vocali ed emotivi di Dana Margolin. Il poker di tracce di ‘The Machine Starts To Sing’ non è inferiore a tracklist più affollate nella sua qualità media, e si rivela un bellissimo regalo di addio. 😀
Sam Fender: ‘People Watching’
Così inglese eppure così Americano (con la A maiuscola), Sam Fender si conferma il più divulgabile discendente di Bruce Springsteen attualmente in circolazione. ‘People Watching’ non è certo una rivoluzione rispetto ai due LP precedenti, che già di per sé si erano rivelati tutt’altro che sperimentali. Eppure appare tutto così fresco, sia per il volto di attore del Nostro, che per dei testi quasi sempre ispirati, che per melodie che si infilano in testa molto rapidamente. È destinato a durare Sam, soprattutto dal punto di vista delle statistiche, ma nella sua musica c’è anche qualcosina in più di un algoritmo. 🙂
Sharon Van Etten & The Attachment Theory: ‘Sharon Van Etten & The Attachment Theory’
L’album che non ci si sarebbe potuti aspettare da Sharon Van Etten, con un suono ricco e denso grazie anche alla sua nuova band, gli Attachment Theory, che compaiono anche nel titolo del disco. Riff di chitarre, synth potenti, groove come nel pieno degli anni ‘80: questa versione alternativa di Sharon convince parecchio, anche perché supportata dalla consueta scrittura sopra la media. 😀
Squid: ‘Cowards’
OK, lo spirito è sempre quello degli sperimentatori. OK, il tema portante è il Male, con la M maiuscola, e le persone che gli fanno da tramite. Però, musicalmente, il terzo album degli Squid può anche sembrare il loro più solare, melodico e accessibile. Ovviamente, tenendo presente che è pur sempre un disco degli Squid, band che comunque non sta mai ferma, sfuggendo da catalogazioni e saltellando tra i generi musicali con una naturalezza disarmante. 😀
The Murder Capital: ‘Blindness’
Nel loro terzo LP, i Murder Capital cercano di flaggare altri tag rispetto a quello sempre e quasi unicamente assegnatogli, “post-punk”. Stilisticamente ci riescono anche grazie all’aiuto di John Congleton, che li porta in pieno territorio alternative-rock, con deviazioni grunge e parecchio noise. Così facendo, però, si perde la raffinatezza vellutata che era stata la componente vincente del precedente ‘Gigi’s Recovery’. Non un brutto album, dunque, ma meno convincente dei due precedenti. 🙂