Il riassunto dei dischi di marzo 2025

Alcuni album, usciti nel mese appena trascorso, che meritano due parole. In rigoroso ordine alfabetico:


Courting: ‘Lust for Life, Or: How To Thread The Needle And Come Out The Other Side To Tell’
Al terzo album in carriera, il quartetto di Liverpool decide di andare dritto al punto. I Courting si fanno corti (battuta), stipando otto tracce in 26 minuti appena. Una densità qualitativa, se si ascoltano ricordando il dance-rock inglese degli ultimi 20 anni, quello di Franz Ferdinand, Maximo Park, Kasabian e Wombats. Singoli efficaci dunque, assai divertenti, ma ogni altro pensiero è fuori luogo, così come ipotetiche pretese di sperimentazione. 🙂


Destroyer: ‘Dan’s Boogie’
Impronosticabile, celebrale e stratificato come in quasi tutta la carriera di Dan Bejar come Destroyer, ‘Dan’s Boogie’ porta avanti un discorso musicale che proprio quest’anno ne compie trenta, arrivando a celebrarlo con l’incorporamento di una serie di elementi sonori che già erano stati messi in mostra nei precedenti lavori (con questo ben quattordici) dell’artista canadese. C’è dunque meno specificità e un po’ più di ridondanza rispetto, ad esempio, a un disco com ‘Ken’ (2017), ma anche la solita classe e quella sana follia dotta e sontuosa. 🙂


Divorce: ‘Drive To Goldenhammer’
La versione 2025 dei Fleetwood Mac convince, più per la bontà melodica dei singoli brani che per la loro profondità o peculiarità. In ogni caso, per essere un esordio, ‘Drive To Goldenhammer’ si rivela solido e centrato. Giustifica in parte, ma non totalmente, il grande hype intorno al quartetto di Nottingham. 🙂


Dutch Interior: ‘Moneyball’
È probabilmente inappropriato definire i Dutch Interior come possibili eredi dei Wilco, ma i fan dello storico gruppo di Chicago potranno apprezzare questo country autenticamente “alt-”, che parte dallo slowcore (nell’opener, ma specialmente considerati i due LP precedenti) per giungere al genere preferito dai cowboy. Ebbene, indossarne il cappello è servito, perché ‘Moneyball’ è un disco sorprendente. 😀


Hamilton Leithauser: ‘This Side Of The Island’
A volte, le gestazioni complicate non sono sinonimo di dischi complicati. ‘This Side Of The Island’ si esaurisce in 30 minuti e non è altro che buon vecchio rock ‘n’ roll, reso più art-istico dall’intervento fondamentale (anche ai fini di uno sblocco dello scrittore) di Aaron Dessner dei National, produttore ma anche, sostanzialmente, partner compositivo. Il risultato sono nove canzoni molto compatte e assai gradevoli, in cui il crooning di Hamilton Leithauser è in grande spolvero come non lo si sentiva dai tempi dei Walkmen. 🙂


Japanese Breakfast: ‘For Melancholy Brunettes (& sad women)’
Messa da parte la ricerca della peculiarità, il quarto LP dei Japanese Breakfast è quel classico album che fa piacere ascoltare senza che però se ne erediti il ricordo persistente. Tra indie-folk e alt-rock, le canzoni scritte da Michelle Zauner fanno il loro dovere soprattutto dal punto di vista melodico, trasmettendo maggior trasporto quando si elettrificano un po’ di più. 🙂


Lucy Dacus: ‘Forever Is A Feeling’
Primo album di una delle Boygenius a giugnere dopo il grande successo dell’LP di debutto del trio, e si capisce sin da subito che l’asticella si è alzata. Gli arrangiamenti sono ampi e lussuosi, e c’è persino un featuring di… Hozier. ‘Forever Is A Feeling’, però, non si perde in smanie di ulteriore notorietà, anzi. E’ un disco personale e intimo che sprigiona calore umano a ogni canzone, anche grazie al timbro vocale di Lucy e alla sua scrittura molto auto-biografica. Le melodie, al solito, sono efficacissime e il risultato complessivo è di grande pregio. 😀


Moreish Idols: ‘All In The Game’
Un esordio che arriva senza troppe fanfare per questa giovane band irlandese, che è invece di grande interesse per un’evoluzione già palese rispetto ai primi singoli ed EP. L’etichetta “post-punk” con la quale erano stati catalogati è assai sbiadita, ma non per usura: c’è tanta psichedelica, un po’ di krautrock, armonie vocali molto pop che possono ricordare addirittura i Beach Boys in questa opera prima. Insomma, è “tutto nel gioco” come spiega il titolo, ed è un bel gioco, propositivo e versatile. 😀


Perfume Genius: ‘Glory’
Le due anime di Michael Hadreas, in arte Perfume Genius, convivono anche nel settimo LP della sua illustre carriera: alt-rock distorti e rumorosi si fanno seguire da ballate oniriche, barocche e molto intime. ‘Glory’ le condensa, se possibile, ancor meglio e con un’inedita concisione, e si giova della presenza di una vera e propria band che dona loro ulteriore vitalità. Siamo sempre sulla vetta di una storia musicale che non è mai scesa sotto il livello dell’eccellenza. 😀


Sacred Paws: ‘Jump Into Life’
Quando si parla di musica alternativa che scala le classifiche, e dei compromessi che sarebbero necessari per farlo, non vengono considerate band come le Sacred Paws. Ray Aggs ed Eilidh Rodgers nelle chart non ci finiranno mai, ma avrebbero ogni pregio necessario per esservici: melodie attraentissime, quelle chitarre irregolari che danno caratterizzazione a dei pezzi mai banali e pure così efficaci. In più, ogni tanto compare qualche fiato a impreziosire ed esaltare il tutto. Ascoltate ‘Another Day’, ‘Through The Dark’ o ‘Jump Into Life’ per credere. 😀


Tamino: ‘Every Dawn’s A Mountain’
Che Tamino-Amir Moharam Fouad sia in rampa di lancio anche al di fuori delle Fiandre è evidente dalla gestazione americana di questo LP, assai in linea con i due precedenti e dunque meno interessante di quanto avrebbe potuto essere. La formula del musicista di Anversa è un po’ sempre la stessa, ovvero il compromesso tra Jeff Buckley e le origini famigliari del Nostro, che dà sempre grande profondità emotiva ai propri pezzi, ma molta poca versatilità. 😐


The Horrors: ‘Night Life’
Quasi otto anni dall’ultimo LP, con 2/5 del gruppo che hanno subito un avvicendamento: ‘Night Life’ è, per gli Horrors e soprattutto per Faris Badwan, il disco della ripartenza. Che avviene con le radici ben salde in quello che erano, pure troppo. Gli arrangiamento così spessi, i sintetizzatori così carichi, la voce del frontman sempre impostata danno l’idea di una band che tenta di ritrovare sé stessa replicandosi, ma senza trovare quella nuova via che li rappresenterebbe oggi, e perdendosi un po’ troppo nei cliché gotici. 😐


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