Genere: post-punk | Uscita: 17 maggio 2019
Tra dicembre 2017 e aprile 2018 gli Interpol hanno passato una quindicina di giorni insieme a Dave Fridmann, forse il produttore più rinomato in ambito rock psichedelico, per registrare quello che sarebbe stato il loro sesto album in carriera, ‘Marauder‘. Come scrivemmo lo scorso anno, Fridmann, solitamente incline ad arricchire e levigare molto le canzoni che si trova sottomano (si pensi a ‘Deserter’s Songs‘ dei Mercury Rev o a ‘The Soft Bulletin‘ dei Flaming Lips), decise di registrare il disco in presa diretta, senza molti fronzoli, facendo riapparire l’ardore e l’immediatezza degli esordi della band newyorkese. ‘A Fine Mess‘, composto da cinque outtake registrati nelle medesime sessioni, non si discosta praticamente di nulla dall’LP che lo ha preceduto.
Evidentemente Paul Banks, Daniel Kessler e Sam Fogarino sono rimasti talmente ben disposti da questo ritorno alle origini da aver voluto dare testimonianza di tutti i brani incisi per l’occasione. Il buon momento di forma e la riacquisizione dell’antico entusiasmo sono testimoniati anche da queste nuove aggiunte, che piaceranno a chi ha ancora nel cuore la ruvidità di buona parte di ‘Turn On The Bright Lights‘. E’ come se il trio di Manhattan avesse preso atto della formula che riesce a esprimere i propri migliori talenti, abbandonando una volta per tutte l’eccessiva ambizione di dischi come ‘Interpol‘ ed ‘El Pintor‘. Trattandosi, fondamentalmente, di scarti, è chiaro come queste tracce difficilmente rimarranno nelle biografie della band. Sono però tutti episodi più che sufficienti per dare ulteriore linfa all’amore dei fan, che se ne infischieranno della reiterazione di quello che ormai è uno stereotipo per una band che ha scelto un chiaro, evidente ed orgoglioso posizionamento.