Jarv Is…: ‘Beyond The Pale’ (Rough Trade, 2020)

Genere: space-rock | Uscita: 17 luglio 2020

La carriera post-Pulp di Jarvis Cocker non è stata musicalmente poi così intensa. Se l’è presa comoda il frontman più incisivo dell’intero Brit-pop, realizzando un paio di album solisti nella seconda metà degli anni ’00 per poi lasciarsi distrarre da altre occupazioni, dalla scrittura alla radio, dalla conduzione di dibattiti pubblici all’impegno politico. Un paio di anni, il 2012 e 2013, insieme alla sua vecchia band in giro per i palchi dei festival di tutto il mondo e un LP senza troppo risalto mediatico in collaborazione col pianista Chilly Gonzalez sono stati gli unici due impegni prolungati in tutti i ’10. Anche per questo, nel 2017 il buon Jarvis ha sentito l’esigenza di tornare a suonare dal vivo, e ha messo insieme una band di assoluto rilievo ingaggiando innanzitutto Jason Buckle, amico di lunga data e genietto dei synth già dai tempi del collettivo elettronico All Seeing I, oltre alla poli-strumentista Serafina Steer, alla bassista e vocalist dei Bas Jan Emma Smith, al bassista (jazz) del James Taylor Quartet Andrew McKinney e al batterista degli sperimentali Three Trapped Tigers Adam Betts.

La qualità dei collaboratori ha evidentemente fatto desistere dal proposito iniziale, ovvero quello di rimanere esclusivamente un progetto live (“solo chi verrà ai nostri concerti potrà ascoltare le nostre canzoni“). Già a maggio 2017 era arrivato il primo singolo del nuovo corso, poi denominato semplicemente quanto eloquentemente Jarv Is… (con i tre puntini di sospensione che lo stesso Cocker ci tiene vengano posposti), quel ‘Must I Evolve?‘ insieme manifesto programmatico e brano guida di quella che è una vera e propria terza carriera dell’ex leader dei Pulp. I racconti ufficiali dicono che le sette composizioni in scaletta sarebbero nate da autentiche jam session live, e che il parere di Geoff Barrow dei Portishead sia stato decisivo nel convincere il neonato sestetto a inciderli ri-editando in studio le registrazioni dal vivo.

In effetti Geoff aveva ragione, sarebbe stato un peccato perdersi questi sette brani che con evidenza risentono della loro origine legata all’improvvisazione, caratterizzati molto raramente da una struttura regolare (solo l’intensissima ballatona ‘Swanky Modes‘ si può definire tale) ma quasi sempre costruiti su un crescendo strumentale con aggiunta di ulteriori livelli di stratificazione e una coda finale che ne amplifica la specificità. Il risultato è un art/space-rock, che passa anche da prog- e kraut-, monopolizzato dalla personalità di Cocker, ma non per questo appiattito sulla sua carriera precedente (la costante presenza di cori e contro-canti è una prima indicativa attestazione di novità). Tutt’altro, le storie di pungente sarcasmo del songwriter inglese trovano ideale palcoscenico soprattutto sul tappeto di synth creato per l’occasione da Buckle, che con Jarvis co-produce l’opera.

Non ci sono ‘Disco 2000‘ e ‘Common People‘ in questo LP, brani come ‘Save The Whale‘ e ‘Children Of The Echo‘ sono decisamente meno ariosi e ricordano maggiormente l’album successivo, ‘This Is Hardcore‘ del 1998. A tal proposito, sono in molti a sostenere che ‘Beyond The Pale‘ sia la migliore collezione di canzoni scritte da Cocker proprio dai tempi di quel disco, dunque degli ultimi 22 anni. Al netto di questo, va dato grande merito al 56enne musicista di Sheffield di aver fatto ascoltare ancora una volta qualcosa di non consueto, e a ciascuna delle tracce in scaletta, in particolare ‘House Music All Night Long‘ e ‘Am I Missing Something?‘, di crescere distintamente ascolto dopo ascolto fino a rivelare la loro eccellenza creativa e compositiva. In una carriera assolutamente fantastica non è certo un aspetto inusuale.

VOTO: 😀



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