Nonostante l’aver iniziato a fare musica professionalmente nel 1982, Johnny Marr si spostò dietro a un microfono soltanto nel 2003. Prima di allora si ‘fece bastare’ (eufemismo, ovviamente) la carriera come co-leader degli Smiths, in cui però il centro della scena era tutto per Morrissey, e i tre album insieme a Bernand Sumner (per il comune progetto Electronic), dove le parti vocali erano appannaggio esclusivo del frontman dei New Order. Ci volle il disco del 2003, accreditato a “Johnny Marr And The Healers”, a convincere il Nostro a non occuparsi esclusivamente delle chitarre. Ne passarono però altri dieci per una replica, e per l’inizio vero e proprio della carriera solista di Marr, dopo l’importante ‘apprendistato’ come membro aggiunto di Modest Mouse prima e Cribs poi.
Se i primi due album attribuiti al solo nome e cognome dell’ex chitarrista degli Smiths sono passati, a dire il vero, piuttosto in cavalleria, questo ‘Call The Comet‘ appare un disco più che riuscito. E’ un lavoro di un tale spessore che potrebbe, perlomeno per quanto riguarda l’attualità, fare riconsiderare la gerarchia con il vecchio compagno di band Morrissey. Tra brit-rock, post-punk e accenni di shoegaze, mostra non solo un chitarrista completo e maturo (e questo si sapeva), ma rivela un ottimo cantautore: in primis per l’impegno sociale che permea i testi senza renderli retorici, in secundis per una performance vocale davvero convincente (e anche moderatamente versatile). Per uno che per vent’anni si era rifiutato di stare al centro del palco, non è niente male. ‘Call The Comet‘ è però un disco importante soprattutto per le sue canzoni (tra cui citiamo ‘The Tracers‘, ‘Hi Hello‘, ‘Walk Into The Sea‘), che sono 12 e anche belle lunghe (totale 57 minuti), ma che non lasciano segni di affaticamento, anzi, danno il meglio di sé quando si prolungano in code chitarristiche dal suono molto pieno. E’ un po’ l’opposto del jangle-pop degli Smiths, testimonianza concreta della capacità del buon Johnny di sapersi reinventare con successo.