La Top 5 dell’anno: 1995

In ‘Alta Fedeltà’, il romanzo più celebre di Nick Hornby, il protagonista, proprietario di un negozio di dischi, era solito ‘giocare’ con i propri dipendenti/amici nel redarre alcune classifiche, composte solamente da cinque posizioni, sugli argomenti più disparati. Ovviamente, grande spazio avevano quelle musicali. Analogamente, e anche in quanto colta citazione (tutti voi, se non l’avete già fatto, dovreste leggere ‘Alta Fedeltà’), si è pensato di fare un analogo giochino a proposito degli album pubblicati negli ultimi 24 anni. Ovviamente sono classifiche che non hanno alcuna pretesa di avere un valore assoluto, ma vogliono essere soltanto un modo per ricordare i bei tempi andati e alcuni album che hanno fatto la storia recente.


1. Radiohead: ‘The Bends’ (Parlophone, 1995)

All’inizio del 1994, i Radiohead erano insoddisfatti. Il loro esordio dell’anno prima, ‘Pablo Honey‘, aveva dato loro fama e successo, ma tutto grosso modo dipendeva da un’unica canzone, ‘Creep‘. Il fatto di essere considerati una band da one hit wonder e lo sfinimento di dover continuamente suonare delle canzoni in cui non si sentivano al 100% rappresentanti, portò anche a una gestazione complicata per questo secondo LP. La EMI, poi, voleva replicare il successo commerciale di ‘Creep‘ soprattutto negli States, e faceva pressioni. Thom Yorke sembrava ancora più cupo e strambo del solito, e venne addirittura indicato da ‘Melody Maker’ come “il prossimo suicida del rock ‘n’ roll“. Quest’aura negativa avrebbe potuto persino far chiudere anzitempo la carriera del gruppo, e invece spinse i Radiohead al definitivo salto di qualità. La band di Oxford sintetizzò un suono che divenne immediatamente un marchio di fabbrica, con la voce di Yorke in primo piano, stratificazioni di chitarre inusuali per l’epoca e una componente emozionale inarrivabile. Non era né brit-pop né grunge, ma in fondo poteva essere accostato a entrambi, con uno spessore, però, ben più elevato. ‘The Bends‘, ‘Just‘, ‘Fake Plastic Trees‘, ‘Street Spirit‘ erano tutti capolavori assoluti, che avrebbero aperto la strada a molti altri che sarebbero giunti con gli album successivi.


2. Smashing Pumpkins: ‘Mellon Collie And The Infinite Sadness’ (Virgin, 1995)

28 tracce su due CD (allora i vinili stavano scomparendo) componevano ‘Mellon Collie And The Infinite Sadness‘, il terzo album degli Smashing Pumpkins. Il gruppo era già molto celebre dopo il precedente ‘Siamese Dream‘ (1993), che sfruttò anche la volata tiratagli dall’esplosione del grunge. La creatività di Billy Corgan, autore pressoché unico di tutte le canzoni, era ai massimi storici, come dimostrato da questo doppio LP che conteneva veramente di tutto: orchestrazioni (‘Tonight Tonight‘), grunge, ovviamente (‘Bullet With Butterfly Wings‘), hard-rock (‘Zero‘) e pop sofisticato (‘1979‘), ossia quanto di meglio l’alternative rock dell’epoca poteva offrire. Il timbro e la scrittura di Corgan davano a tutto ciò grande compattezza. Il risultato è uno degli album doppi con la qualità media più alta della storia della musica. Se la gioca con il ‘White Album‘ dei Beatles (peraltro dichiarata ispirazione) e ben pochi altri.


3. Bjork: ‘Post’ (One Little Indian, 1995)

Nel 1994 Björk Guðmundsdóttir si trasferì dall’Islanda a Londra. Era attratta dal fermento creativo che attraversava la capitale britannica in quel momento, soprattutto la cultura underground di certa dance-music e del trip-hop. La sua vita londinese fu fondamentale ispirazione per quello che ancora oggi è considerato il suo album più riuscito, e che all’epoca fu qualcosa di assolutamente innovativo. I ritmi urbani creati con l’aiuto di diversi producer (tra cui Tricky e Howie B) si sposavano perfettamente con le melodie nordiche che già avevano caratterizzato il suo debutto (‘Debut‘ del 1993) e la precedente esperienza con i Sugarcubes. Ancora oggi è davvero difficile che un disco di pop sperimentale arrivi alle chart e alle heavy rotation dei mass media: ‘Post‘ ce la face grazie a canzoni come ‘Army Of Me‘, ‘It’s Oh So Quiet‘, ‘Hyperballad‘, ‘I Miss You‘ e relativi video, dei cortometraggi immaginifici che anticiparono anche la sue esperienza di attrice. Si rivelò un disco assolutamente seminale per orde di cantautrici e di band electro-pop che seguirono.


4. Pulp: ‘Different Class’ (Island, 1995)

Erano attivi addirittura dal 1978 i Pulp (Jarvis Cocker li fondò a soli 15 anni) e dunque decisamente navigati quando improvvisamente tutto volse a loro favore, grazie alla grande attenzione per il pop-rock inglese di metà anni ’90. La band di Sheffield seppe sfruttare perfettamente il momento con quello che è quasi un greatest hits in confronto ai loro dischi sia precedenti che successivi. Se il brit-pop ebbe il merito di attualizzare la tradizione musicale inglese, ‘Different Class‘ è probabilmente il suo album più rappresentativo, in cui convergono i Beatles, la British Invasion di fine ’60, David Bowie e la new wave degli anni ’80. Trainato da due singoli enormi come ‘Common People‘ e ‘Disco 2000‘ (e anche in questo caso dai relativi videoclip) conteneva una quantità impressionante di canzoni pop perfette come ‘Something Changed‘, ‘Sorted for E’s & Wizz‘, ‘Mis-Shapes‘, ‘Pencil Skirt‘, ‘Underwear‘. Insomma, una “classe differente” di nome e di fatto.


5. Oasis: ‘(What’s The Story) Morning Glory’ (Creation, 1995)

Dopo il grande successo e l’hype insistente generati da ‘Definitely Maybe‘ (1994), gli Oasis non fecero passare molto tempo nel dargli un seguito. Noel Gallagher era peraltro in incredibile fermento creativo, tanto che le B-sides contenute nei singoli tratti dal primo LP venivano universalmente riconosciute come degne di un grande album a sé stante. Passò dunque poco più di un anno dal debutto all’uscita di ‘Morning Glory‘, che aumentò esponenzialmente il successo del gruppo. Il suono degli Oasis si ingentilì parecchio, e il muro di chitarre che aveva reso peculiare la loro formula non venne riproposto con continuità. Cominciò a essere dichiaratamente esplicitata la passione per i Beatles, che ormai per i Gallagher non erano solo un’influenza ma anche un modello da raggiungere e, se possibile, superare. Il successo commerciale fu immenso (346.000 copie solo in UK e solo la prima settimana di pubblicazione), e canzoni come ‘Wonderwall‘ e ‘Don’t Look Back In Anger‘ fanno parte ancora oggi dell’immaginario collettivo.


 

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