Pearl Jam: ‘Gigaton’ (Republic, 2020)

Genere: alternative-rock | Uscita: 27 marzo 2020

Distanti ma uniti” è uno degli slogan che più si sentono ripetere in questi giorni, ma calza perfettamente a pennello anche per ‘Gigaton‘, l’undicesimo album di una carriera sensazionale (almeno nella sua prima parte), quella dei Pearl Jam. Arriva a quasi sei anni e mezzo da ‘Lightning Bolt‘, ovvero il periodo più lungo mai intercorso tra due LP della storica band di Seattle.

In realtà, il lavoro sul disco era iniziato a gennaio 2017 nel loro studio privato; ciascun membro del gruppo ci faceva un salto ogni tanto per trasferire nella pratica le idee che Eddie Vedder aveva inciso su demo. E’ stato Josh Evans a prendersi la responsabilità di coordinare il tutto: più che semplice collaboratore è per i Pearl Jam un autentico factotum, che dal 2006 fa letteralmente tutto, dal caffè all’imbiancatura delle loro Warehouse fino al settaggio dei suoni dei loro dischi. Per ‘Gigaton‘ Evans è diventato, per la prima volta, co-produttore: “Volevano comporre in modo diverso dal solito. Non volevano più mettersi tutti assieme in sala, magari due membri del gruppo venivano in studio e registravano una bozza di canzone. Il giorno dopo, altri due ri-arrangiavano radicalmente quel che era stato fatto il giorno prima. E il terzo giorno arrivava qualcun altro e ci metteva del suo“, spiega in questa intervista a Rolling Stone. Una sorta di distanziamento precoce ma che ha potuto far andare avanti il lavoro, sopratutto dopo il grande lutto per la morte dell’amico Chris Cornell, che psicologicamente li aveva prostrati a tal punto da farli rimanere fermi quasi un anno.

Una tale genesi, sia temporale che organizzativa, ha giocoforza reso estremamente composito questo disco. Che ‘Gigaton‘ sia stato molto meditato è evidente dalla cura dei dettagli e dalle sofisticate stratificazioni, componenti molto presenti nella parte più recente della discografia dei Pearl Jam, e di certo associabili più alla definizione di “classic-rock” che di “grunge”. La mission principale di questo nuovo album non intende deludere più di tanto i fan da tempo acquisiti dal quintetto, che si mantiene abbondantemente nella propria comfort zone. Lo fa alternando brani più (‘Superblood Wolfmoon‘, ‘Never Destination‘, ‘Take The Long Way‘) o meno (‘Who Ever Said‘, ‘Dance Of The Clairvoyants‘, ‘Quick Escape‘) tirati con ballatone da FM manifestamente firmate Vedder (‘Alright‘, ‘Buckle Up‘, ‘Comes Then Goes‘), poche delle quali (‘Seven O’Clock‘, ‘Retrograde‘, ‘River Cross‘) hanno da dire qualcosina in più rispetto ai cliché ormai ben noti. In verità ‘Gigaton‘ la sua figura la fa anche, perché è composto, suonato e cantato da, musicalmente parlando, autentici mostri. Forse, però, ritrovarsi tutti insieme in uno studio di registrazione, anziché uno o due per volta, sarebbe potuto servire a riguadagnare antiche sensazioni e motivazioni. La spontaneità, l’ardore e l’audacia di album come ‘Ten‘, ‘Vs.‘ e ‘Vitalogy‘ rimangono purtroppo lontani anni luce, e i Pearl Jam paiono non possedere più quella smania artistica che servirebbe quantomeno ad avvicinarvisi.

VOTO: 😐


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