Genere: indie-rock | Uscita: 17 gennaio 2020
Della vicenda che ha coinvolto Evan Stephens Hall, frontman e principale songwriter dei Pinegrove, abbiamo già detto in occasione della pubblicazione del precedente ‘Skylight‘. Non c’è null’altro da aggiungere, anche perché riteniamo sia corretto parlare della loro musica e non, come ancora stanno facendo molti, di circostanze che solamente chi le ha vissute può effettivamente conoscerne i dettagli. Certamente ‘Marigold‘, il quarto album in carriera della band originaria di Montclair (New Jersey), è fortemente influenzato dal periodo non facile vissuto dal suo principale autore. Soprattutto a livello tematico e testuale: “E’ un disco sul fare del nostro meglio per imparare di più su noi stessi, in modo da poter essere più indulgenti con gli altri“, dichiara lo stesso Evan in questa intervista a Exclaim.
E’ un sincero rammarico che pervade tutte le 11 tracce in scaletta, e che rappresenta, ancora una volta, il punto di forza della band americana. La loro capacità di arrivare al cuore dell’ascoltatore è più che mai vivida, ma non potrebbe risultare tale senza l’ormai caratteristico blend di country/folk, indie ed emo-rock che li contraddistingue sin dagli esordi. Le strutture melodiche sinusoidali e gli incroci delle chitarre rendono gli ascolti delle loro canzoni ancor più appaganti, dando quell’idea di esclusività che ha contribuito a creare un duro zoccolo di irriducibili fan, auto-nominatisi “Pinenuts” (tra cui viene annoverata Kirsten Stewart, che avrebbe addirittura il logo del gruppo tatuato da qualche parte sul proprio corpo).
Tutto ciò è ancora più evidente in quello che potrebbe anche essere considerato, non ce ne voglia ‘Cardinal‘ (2016), il loro lavoro migliore. Giova a proposito la maggiore qualità della registrazione, che ha comunque lasciato i Pinegrove nell’essenzialità della loro line-up. ‘Marigold‘ è dunque un disco fieramente alt-rock, che anche per questo non sposta di molto il discorso intrapreso dai lavori precedenti. Semmai lo perfeziona, donando altre piccole gemme per i singalong della pervicace fanbase come ‘Dotted Line‘, ‘The Alarmist‘, ‘Phase‘, Neighbor‘ e la conclusiva ‘Marigold‘, insolitamente lunga ma ideale conclusione di un disco a suo modo perfetto.