Genere: dream-pop | Uscita: 3 gennaio 2020
Di primo acchito, ciò che colpisce dei Postcards è la provenienza: Beirut, Libano. Non certo latitudini in cui si potrebbe immaginare l’esistenza di una band devota al dream-pop come lo sono loro. Attivi dal 2013, hanno in carnet tre EP e due album, compreso questo ‘The Good Soldier‘, tra le primissime uscite del nuovo anno. Scelta intelligente, perché consente di guadagnare visibilità tra la marea di pubblicazioni previste nella stagione, e soprattutto ci permette di scoprire una band dalle qualità indubbie.
Non bisogna infatti commettere l’errore di considerare i Postcards soltanto per le origini musicalmente esotiche. Le undici tracce del loro sophomore potrebbero benissimo giungere da Glasgow o da Santa Monica, tanto si rivelano fedeli alla tradizione di genere, dagli Slowdive ai Mazzy Star. In realtà, questi brani provengono un po’ anche da Berlino, dal momento che la locale etichetta T3 Records da tempo pubblica i loro lavori, oltre a convocarli frequentemente per lunghi tour attraverso l’intera Germania.
Evidentemente, il management della label berlinese è stato tra i primi ad essere colpito dalla bellezza delle loro ariose melodie, angelicamente interpretate dalla voce di Julia Sabra e dispiegate su rumorose e dilatate distorsioni di chitarre. Accade nel considerevole opener ‘Dead End‘ così come nelle epiche ‘Fossilized‘ e ‘Lights Out‘. Le canzoni dei Postcards dispongono però anche di tappeti sonori decisamente più mansueti, come nel caso di ‘The Good Soldier‘ e ‘Last Resort‘, e di strutture maggiormente definite: ‘Spiderwebs‘, ‘Hunting Season‘ e ‘Freediving‘ sono singoli perfetti tanto si mostrano orecchiabili ed essenziali. E’ proprio una tale eterogeneità di idee che fa emergere la specificità del quartetto libanese: la loro rivisitazione del dream-pop, che passa da shoegaze, post-rock, jangle-pop e pure un po’ dall’ambient, rende questo disco assolutamente degno di nota. Una fortuna poter ascoltare qualcosa di così valido a soli tre giorni da capodanno.