Che i Preoccupations avessero in animo essere disturbanti lo si capì sin dalla prima ragione sociale che si scelsero, Viet Cong, che infatti dovette subire un avvicendamento con l’attuale dopo che l’inopportunità del nome venne loro esplicitata da più parti a più riprese. Con ‘New Material‘ si continua sulla strada tracciata (tanto che il frontman Matt Flegel lo definisce “un’ode alla depressione“), anche a livello musicale. Il terzo lavoro della band canadese è un disco cupo e claustrofobico; se Ian Curtis fosse rimasto tra noi, prima o poi, probabilmente, avrebbe realizzato un LP non molto dissimile da questo.
E’ dunque indubbio che i Preoccupations, al momento, siano gli alfieri del post-punk, coloro che oggi ne portano alto il vessillo, nonostante l’attenzione sul genere sia di molto scemata rispetto ai fasti degli ’00. Sono coloro che, anche a livello personale ed emozionale, ne rispettano maggiormente la tradizione, quasi la vivono, e questo disco, non facilissimo ai primi ascolti, si rivela un ottimo album proprio per questo. Contiene uno dei singoli dell’anno, ‘Espionage‘, un altro paio di brani altrettanto incisivi ma anche distintivi (‘Decompose‘ e ‘Disarray‘ peraltro tutti piazzati in apertura), e fino all’ottava e ultima traccia seguita a segnare il territorio di genere con sapienza e sprazzi di classe. Se nel 2018 ha ancora senso ascoltare del post-punk, ha senso ascoltare prima di tutto loro.
VOTO: 🙂