Real Lies: ‘Lad Ash’ (Unreal, 2022)

Genere: indietronica | Uscita: 22 aprile 2022

Come ricorda questo articolo di Stereogum, tutto cominciò con un annuncio immobiliare: c’era questa grande casa in mezzo al verde, nel nord di Londra, che era stata messa in affitto. Kev Kharas e Tom Watson, amici da tempo, stavano proprio cercando un posto dove vivere, e ci andarono ad abitare insieme ad alcuni conoscenti. L’edificio era così grande e isolato da risultare perfetto per organizzare delle feste, che si susseguirono numerose. A quei party partecipava spesso anche Patrick King, il fratello di uno dei loro coinquilini e quotato DJ. Legò immediatamente con Tom, che aveva l’ambizione di scrivere canzoni, e Kev, che sapeva cantare. Serata dopo serata, coloro che sarebbero divenuti i Real Lies cementarono la loro conoscenza. Iniziarono a fare musica insieme, arrivando a esordire con un apprezzato LP omonimo nel 2015. La band si eclissò quasi subito, anche per una cattiva gestione dei primi successi, riapparendo in questi giorni (ovvero sei anni e mezzo dopo) con un sophomore che ne è degnissimo seguito.

Del progetto non fa più parte Watson, l’anima più cantautorale e ‘rock’ del trio, uscito amichevolmente dal gruppo nel 2019 per concentrarsi sugli studi. Così, ‘Lad Ash‘, pur proseguendo nei racconti di vita vissuta che avevano garantito grande appeal all’album precedente, aumenta il focus su basi e rime. È musica per club, quella dei Real Lies, che parla di scene di ordinaria urbanità alternando euforia e nostalgia anche grazie alle basi strumentali create da King. Kharas spazia tra spoken word, rap e cantato con un accento cockney che ricorda Mike Skinner aka The Streets e Karl Hyde degli Underworld, i cui dischi sono stati di certo molto ascoltati dal duo londinese.

Pur ancora distanti da quei livelli, i Real Lies mettono in mostra più rotondità melodica del primo e più profondità emotiva dei secondi, creando una nuova versione di sé che ha la stessa marcata personalità del lavoro uscito oltre un lustro fa. Il bello di ‘Lad Ash‘ è il suo riuscire a soddisfare, contemporaneamente e organicamente, diversi palati, proponendo un’unicità sia sonora che compositiva non così comune. Al suo interno le atmosfere sono diversissime, come se dal club di cui sopra si continuasse a entrare e uscire: ‘Boss Trick‘, ‘Since I‘ e ‘Your Giuding Hand‘ sono certamente ambientati al suo interno, ‘Ethos‘, ‘The Carousel‘ e ‘DiCaprio‘ al di fuori, ‘Dream On‘ e ‘An Oral History Of My First Kiss‘ dopo la chiusura. Analogamente, e indipendentemente dai BpM, tutte e dodici le tracce in scaletta a soddisfano corpo e spirito con una completezza mirabile, che fa di questo disco un piccolo modello di genere.

VOTO: 🙂



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