Soko: ‘Feel Feelings’ (Because, 2020)

Genere: french-pop | Uscita: 10 luglio 2020

Il rapporto tra Stéphanie Alexandra Mina Sokolinski, da tutti conosciuta come Soko, e la musica è sempre stato controverso. In parte per la parallela carriera di attrice, che l’ha portata a essere nominata per dei César ma l’ha anche temporalmente occupata ben più di quella di musicista. In parte per una sorta di amore/odio per la professione, soprattutto a causa di un complicato rapporto con l’industria discografica, che l’aveva indotta addirittura a ritirarsi dal cantautorato prima ancora di pubblicare il primo album. Il seguito della sua vicenda artistica ha attestato che si trattava di una provvisoria crisi di rigetto, ma la pubblicazione di soli tre LP in 13 anni dimostra come ciascuno dei diversi approcci che Soko ha adottato per scrivere le sue canzoni è stato quantomeno articolato.

Il concepimento di questo LP, che arriva a più di 5 anni dal precedente ‘My Dreams Dictate My Reality‘ ha ad esempio avuto origine all’interno di un workshop di psicoterapia che l’artista occitana ha frequentato nella filiale inglese dell’Hoffman Institute, volto alla ricerca di sé stessi e in cui ogni tipo di distrazione era fermamente vietata. Obbiettivo del corso era passare una settimana a confrontarsi unicamente con i propri sentimenti, circostanza che ha portato all’immediata scrittura di questo disco e a un titolo eloquente come ‘Feel Feelings‘. La recente maternità della cantautrice francese è stato altrettanto influente nella composizione di un disco estremamente introspettivo ma non per questo arido o monotono.

Oltre allo stato emotivo, è chiaramente la provenienza di Soko a orientare le canzoni del suo nuovo album, francesissime nella tradizione degli chansonnier d’Oltralpe (‘Blasphemie‘, ‘Replaceable Heads‘), con una produzione che ricorda la branca più vintage e analogica del French Touch (‘Being Sad Is Not A Crime‘, ‘Time Waits For No One‘). In brani come ‘Are You A Magician‘ o ‘Don’t Tell Me To Smile‘ c’è però anche un sensibile ascendente internazionale (PJ Harvey, Nick Cave, Cat Power), e non solo perché due dei DIIV (Andrew Bailey e Colin Caufield) suonano nel disco. Sono tutte componenti che, insieme all’abilità di interprete della musicista nativa di Bordeaux, riescono a differenziare ciascuna traccia, rendendo tangibilmente vario lo spettro sonoro. E’ questo il maggior pregio di un disco molto buono nel suo insieme, a cui forse manca soltanto un brano che spicchi sugli altri. In una così pregevole media qualitativa, è però difficile considerarlo un difetto.

VOTO: 🙂



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