Genere: alternative-rock | Uscita: 27 marzo 2020
Asha Lorenz e Louis O’Bryen sono inseparabili sin dai tempi delle medie. Tra di loro, in realtà, non era iniziata benissimo: nonostante Louis fosse alto il doppio di Asha, era lei che spesso e volentieri bullizzava lui, anche con una certa crudeltà. Fu la comune passione per la musica suonata a far loro superare le incomprensioni avvicinandoli sempre di più, fino a unirli in una sincera amicizia. Capirono presto che, come musicisti, erano fatti l’una per l’altro, anche perché i loro gusti non si allineavano certo a quelli dei coetanei: sentire due classe ’98 suonare delle cover di Jimi Hendrix è abbastanza raro di questi tempi, come piuttosto unico è mettere insieme una guitar-band che fa quello che fanno i Sorry. Quella fucina di talenti che è il Windmill di Brixton li notò subito, permettendo loro di farsi le ossa a furia di esibizioni, sotto la supervisione dei Fat White Family e sulla scia di precursori dotati come Shame e Goat Girl.
L’interazione vocale dei due giovani di North London pare però piuttosto simile a quella di altri londinesi celebri quali Romy Madley Croft e Oliver Sim degli XX, con la sola differenza che Asha e Louis sono sprovvisti di un beatmaker come Jamie Smith, e dunque sono costretti ad arrangiarsi da soli. Ed è piuttosto evidente che sappiano come farlo, tanto sono composite e camaleontiche le loro creazioni, di certo influenzate da alternative-rock e post-punk, ma arricchite di elementi trip-hop, hip-hop e persino jazz che gli donano parecchia esclusività.
E’ uno dei tanti considerevoli aspetti dei Sorry, che sono assai imprevedibili praticamente sempre. Parecchi sono i loro brani che finiscono in modo diverso da come hanno iniziato, composizioni che hanno una sorta di indolenza ombrosa ma allo stesso tempo sexy, e che come tutto ciò che è carismatico e attraente si rivela col tempo. In ‘Right Round The Clock‘, ‘Starstruck‘, ‘Perfect‘, ‘Rock ‘n’ Roll Star‘, ‘More‘ e ‘Lies‘ (ma si potrebbe citare la scaletta intera) seguire le direttrici sia vocali che chitarristiche è qualcosa di parecchio appagante, così come isolare la strumentazione accessoria (soprattutto i fiati) che valorizza tutto ‘925‘. È, questo, un altro esordio enormemente sopra la media da parte di una generazione di musicisti inglesi che avrebbe tutte le carte in regola per guadagnarsi quell’attenzione che in altre epoche sarebbe stata massima. Ma talento, merito, estro, perizia, autonomia artistica torneranno a essere valori assoluti, prima o poi, e allora il connubio Lorenz/O’Bryen sarà in pole position per passare all’incasso.