Sports Team: ‘Deep Down Happy’ (Universal, 2020)

Genere: indie-rock | Uscita: 5 giugno 2020

Ti laurei, ottieni un buon lavoro, e dovresti sentirti appagato e felice. Ma hai la sensazione di volere qualcosa di più“. Per la batterista Al Greenwood e i suoi compagni negli Sports Team, quel qualcosa di più è senza dubbio una rockband. E’ la ragione per cui questi sei ragazzi laureatisi a Cambridge e trasferitisi a Londra con eccellenti prospettive di carriera, a un certo punto hanno scelto di mollare tutto per stiparsi in un furgone e attraversare in lungo e in largo il Regno Unito, fino a totalizzare (nel solo 2019) la bellezza di 150 concerti.

E’ proprio nella cittadina universitaria non lontana dalla capitale che ha preso forma la band inglese più brillante dell’ultimo triennio, raccogliendo immediatamente diversi positivi riscontri lungo tutti i confini patri. Erano i tempi dell’EP ‘Winter Nets‘ (2018), cinque canzoni irriverenti quanto esuberanti pubblicate dalla piccola etichetta Nice Swan. Due anni dopo, ecco l’album di debutto della formazione guidata dal chitarrista Rob Knaggs (scrive lui le canzoni) ma pubblicamente rappresentata dal cantante Alex Rice. Un disco frutto dell’ingaggio di una major, la Universal, ma anche di quella che si può a ragion veduta definire “esperienza acquisita sul campo”.

Deep Down Happy‘ è del resto uno degli esordi guitar-rock inglesi più attesi degli ultimi anni, spasmodicamente aspettato anche dopo il rinvio causato dal lockdown, non l’unica ragione per cui c’è voluto così tanto tempo per avere un LP da una band già molto popolare da almeno 18 mesi: “Il fatto è che siamo sei persone con opinioni molto forti e diverse“, spiega Al, unica donna nel gruppo. “Ci abbiamo lavorato per molte notti, le mattine seguenti volevamo cambiate tutto, ma alla fine siamo molto orgogliosi di quello che è venuto fuori“, aggiunge il frontman, una sorta di mix tra l’oratoria di Eddie Argos degli Art Brut, la presenza scenica di Paul Smith dei Maximo Park e l’atletismo di Ricky Wilson dei Kaiser Chiefs.

Del resto gli Sports Team sono un po’ il trait d’union tra quella scena British di metà anni ’00 e la nuova, meno pubblicizzata, rinascita del rock anglofono europeo. Idles, Shame e Fontaines D.C. (in rigoroso ordine di apparizione) hanno trovato epigoni altrettanto degni di riportare al centro dell’attenzione le chitarre, “ma ai loro concerti l’età media è 40 anni, le nostre prime file sono piene di ragazzini“, ci tiene a sottolineare Rice. Oltre a ricondurre gli adolescenti britannici al cospetto del rock ‘n’ roll, il sestetto si è mostrato abile nell’attirare l’attenzione con metodologie da sempre piuttosto abusate nel rapporto tra band e media UK, a cominciare dal dissing verso presunti rivali (“gli HMLTD sono una delle peggiori band di sempre“) e da una sincera megalomania da auto-esaltazione (“Siamo sicuramente i salvatori del rock“).

Almeno per il momento, però, ‘Deep Down Happy‘ dà loro piena ragione. E’ un disco molto divertente, assolutamente euforizzante, composto da 12 potenziali singoli costruiti su strutture sì familiari ma non certo banali. La personalità di un frontman puro come Rice porta un sensibile valore aggiunto, a cominciare dal destante urlo che dà il via all’openerLander‘, ma anche in altri pezzi fortissimi come ‘Here It Comes Again‘, ‘Going Soft‘, ‘Here’s The Thing‘ e ‘Fishing‘. Sono canzoni che danno un’idea precisa di cosa possono essere i loro live-show, nonché potenziali floor-filler per ipotetici futuri indie-club. Perché se c’è qualcuno che potrà per farli tornare in auge, questi sono proprio gli Sports Team.

VOTO: 😀



Lascia un commento