Squid: ‘Bright Green Field’ (Warp, 2021)

Genere: experimental-punk | Uscita: 7 maggio 2021

La breve carriera degli Squid si è sinora sviluppata lungo una direttrice di specificità molto marcata. È, per esempio, piuttosto inusuale che cinque studenti dell’università di Brighton, la città dei party sulla spiaggia per eccellenza, si trovino a condividere una passione comune per il jazz e la musica ambient. Insolito è anche trovare il primo palco su cui esibirsi in un jazz cafè, e rimanere ipnotizzati, all’alba del 2017, dal krautrock. Dei tipi così non potevano passare inosservati per molto, allo stesso modo i loro primi singoli ed EP: ‘The Dial‘ (2018) attirò l’attenzione di Dan Carey, produttore importante nel panorama alt-rock britannico (per rimanere nell’attualità, ha lavorato all’esordio dei Black Midi e al sophomore dei Fontaines D.C.) ma anche proprietario della piccola etichetta Speedy Wunderground, che fece loro pubblicare qualche singolo. Un ancora maggior interesse, pochi mesi dopo, fu esplicitato dalla Warp, label storicamente affine ad avanguardie e sperimentazioni. L’accordo per l’LP di debutto si è rivelato uno step decisivo per la band, e quasi già fossero professionisti navigati, i cinque amici si sono ritirati nell’entroterra del sud-ovest dell’Inghilterra, dove alcuni parenti del vocalist e batterista Oliver Judge gestiscono un pub. Proprio nelle stanze del locale è avvenuta la scrittura di ‘Bright Green Field‘, inciso poi nello studio londinese del loro vecchio estimatore Carey.

È la cosa più ambiziosa che abbiamo mai realizzato, ma anche la più divertente“, asserisce il chitarrista Louis Borlase. “Una cosa che ho trovato così stimolante nel lavorare con Dan è stata la sua apertura alla sperimentazione e la sua intuizione di ciò che doveva essere fatto“, aggiunge il tastierista Arthur Leadbetter. Due affermazioni che riflettono parecchio quanto è contenuto in questo debutto, effettivamente ambizioso e sperimentale, ma allo stesso tempo molto centrato e spesso e volentieri assai trascinante. La gavetta fatta in quel jazz cafè di Brighton si avverte in diversi passaggi delle dilatate e complesse composizioni congegnate dagli Squid, così come le influenze, citate anche da Wikipedia, dei Neu! e dei This Heat. È però quell’inscalfibile attitudine punk che permea tutto il disco (e soprattutto le parti cantate da Judge) a dare l’idea maggior concretezza rispetto a coetanei come Black Midi o Black Country New Road. Math-rock, post-rock e post-punk contribuiscono a un melange sonoro che rispetta quei canoni di unicità che, come si diceva in principio, hanno sempre caratterizzato etica ed estetica del collettivo inglese.

Al netto dell’intro (‘Resolution Square‘) e dell’interludio a 3/4 di album (‘The Flyover‘), ‘Bright Green Field‘ è composto da 9 cavalcate sonore che accelerano e rallentano, si quietano e si inaspriscono, ma che al tempo stesso non rinnegano la struttura di massima di una canzone. Anche perché la grande intensità che riescono a mantenere in brani che durano 6, 7 o anche 8 minuti non li fa apparire poi così lunghi, così come non pesano i 54’ totali. L’eccezionalità degli Squid sta dunque nel riuscire a tenere insieme tantissime cose, dai tanti generi di riferimento alle diverse peculiarità di un’approccio musicale che all’atipicità del suono unisce anche colti riferimenti testuali (nella press-release si citano Douglas Coupland, Mark Fisher e J.G. Ballard). Brani come ‘Narrator‘, Paddling‘, ‘Peel St.‘ e ‘Pamphlets‘ constano davvero di tanto peso specifico, altri quali ‘G.S.K.‘, ‘Boy Racers‘ ‘Documentary Filmmaker‘ e ‘2010‘ si dispiegano diversamente ma con la medesima esorbitante creatività. La sensazione è quella di essere di fronte a un disco che potrebbe segnare un’intera stagione, e più in generale a una scena di giovani band britanniche continuativamente sorprendente, come ai bei tempi dei gloriosi primi ’90 o dei rilevanti metà ’00.

VOTO: 😀



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