Stephen Malkmus: ‘Groove Denied’ (Domino, 2019)

Genere: alt-pop | Uscita: 15 marzo 2019

Presentato erroneamente come l’album che segna la svolta elettronica di Stephen Malkmus, ‘Groove Denied‘ è un’opera dichiaratamente andata per le lunghe, cominciata a inizio anni ’10 durante un lungo soggiorno a Berlino, dove il Nostro ha frequentato piuttosto assiduamente i celeberrimi disco-club della capitale. A leggere la nota stampa si deduce che in quei giorni Stephen ne abbia fatte di cotte e di crude, e soprattutto che la frequente attività notturna sia stata d’ispirazione per un LP di tale propensione. Un bel salto, peraltro, per chi era stato frontman della band di punta della scena lo-fi, ovvero la quintessenza dell’analogico.

L’aver appreso il funzionamento dei moderni software di registrazione, come Ableton e ProTools, ha fornito al musicista californiano la spinta finale per incidere queste canzoni, ispirate da quell’elettronica pre-digitale di fine ’70 e inizio ’80 (non a caso nella press-release vengono citati Cabaret Voltaire e Section 25). Peccato non sia però riuscito a completarne più di quattro, alle quali se ne aggiungono altre sei agevolmente accostabili a un qualsiasi altro suo album del passato, che sia uno dei cinque con i Pavement, uno dei sei con i Jicks o il precedente LP solista. “Se avessi avuto a disposizione un altro anno, sarebbe stato tutto in questo stile“, afferma candidamente Malkmus sul sito della Matador Records. Viene pertanto spontaneo chiedersi la ragione per cui il buon Stephen non abbia saputo attendere: l’ultimo suo disco con i Jicks risale appena al maggio scorso, per cui la necessità di un’uscita nel 2019 era tutt’altro che impellente.

Belziger Faceplant‘, ‘A Bit Wilder‘ e ‘Victor Borgia‘ possono anche essere considerati esperimenti interessanti, ma non riescono a giungere a compimento proprio perché già la successiva traccia in scaletta, ‘Come Get Me‘, è una retromarcia in direzione del classico stile Malkmusiano, a cui la componente sintetica contribuisce in maniera irrisoria. Beninteso, stiamo sempre parlando di canzoni scritte da uno dei musicisti più influenti degli anni ’90, e dunque al di sopra della media di genere (la succitata ‘Come Get Me‘, ‘Bossviscerate‘ e ‘Ocean Of Revenge‘ su tutte), ma la sensazione è quella di un lavoro che manca totalmente di coesione, completato in fretta e furia con qualche outtake del repertorio pregresso. Non si può dire si tratti in assoluto di un brutto disco, ma si fa molta fatica a coglierne il senso.

VOTO: 😐



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