Suede: ‘Autofiction’ (BMG, 2022)

Genere: art-rock | Uscita: 16 settembre 2022

Cattivo, rozzo e breve”: così, a novembre 2020, Brett Anderson già definiva quello che sarebbe stato il nono album in studio della carriera della sua band, gli Suede, che sarebbe uscito circa una ventina di mesi dopo. Una direzione ben precisa che contempla allo stesso tempo un ritorno al passato (e difatti Ed Buller torna a essere il titolare della produzione), sia “una reazione all’ultimo disco“, nello specifico alla ridondanza di ‘The Blue Hour‘ (2018). Tanto si è rivelato epico, orchestrale e ridondante quell’LP, al contrario ‘Autofiction‘ è diretto e conciso.

Addirittura, gli Suede lo avrebbero voluto registrare suonandolo dal vivo, dopo aver programmato una serie di concerti sotto lo pseudonimo di Crushed Kid. Le restrizioni sanitarie seguite alla pandemia hanno fatto naufragare il progetto, riproposto però per alcune date a sorpresa. Del resto, è lo stesso frontman a descriverlo come “il nostro disco punk“, precisando: “Niente fronzoli, solo noi cinque in una stanza, con tutte le imprecisioni in bella mostra; la nostra band esposta in tutta la sua confusione primordiale.” Ne risulta il disco, almeno tra quelli post-reunion, che più ricorda quel periodo storico in cui il quintetto londinese si rivelò al mondo, quello di ‘Suede‘ (1993) e ‘Dog Man Star‘ (1994).

15 Again‘ è l’indicativo titolo di uno dei primi singoli estratti da ‘Autofiction‘: “In un certo senso, con l’avanzare dell’età è necessario re-imparare e ricordare cosa significhi essere una band“, sostiene Anderson in un’intervista all’NME. Fa parte di un tris iniziale – insieme a ‘She Still Leads Me On‘ (canzone dedicata alla madre scomparsa) e ‘Personality Disorder‘ – che mette ben in chiaro quanta energia verrà distribuita lungo le 11 tracce e i 45 minuti dell’album. ‘That Boy On The Stage‘ è un’altra denominazione eloquente anche di quanto sia auto-biografico questo lavoro, che segue la pubblicazione di un paio di libri di memorie dello stesso Brett, che pare ancora un ragazzino nonostante i 55 anni compiuti da poco. Ad eccezione di ‘Drive Myself Home‘, unico brano che c’entra poco col resto della tracklist, le chitarre di Richard Oakes suonano quasi come se dovessero riempire un disco punk o hard rock (‘Shadow Self‘, ‘Turn Off Your Brain And Yell‘). È una scelta estetica che ci piace parecchio, soprattutto da parte di una band che non avrebbe più la necessità di sudare così tanto. E invece, determinazione e spinta hanno consentito agli Suede di tornare al secondo posto della UK Album Chart dopo vent’anni dall’ultima volta. Un riconoscimento non solo alla carriera, ma anche alla bontà di un LP indubbiamente riuscito.

VOTO: 🙂



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