The 1975: ‘Notes On A Conditional Form’ (Dirty Hit, 2020)

Genere: pop | Uscita: 22 maggio 2020

Già a dicembre 2018, quando uscì ‘A Brief Inquiry Into Online Relationships‘, era noto che i 1975 gli avrebbero a breve dato un seguito, giacché le canzoni che avevano pronte erano ben di più delle 15 finite in quella tracklist. In realtà, per ‘Notes On A Conditional Form‘ è servito un po’ più di tempo rispetto a quanto preventivato allora: non soli 7 mesi, ma poco più di un anno e mezzo. Le ragioni sono state diverse: l’abbondante produttività creativa di Matt Healy ha seguitato a sfornare composizioni (in scaletta ne sono finite ben 22), allungando le tempistiche in studio di registrazione, tanto che una prima data di uscita, febbraio 2020, è stata disattesa. Una seconda, l’aprile seguente, nuovamente invalidata a causa del lockdown, e sebbene nel Regno Unito la quarantena non sia ancora terminata, l’entourage della band inglese deve aver pensato che sarebbe stato eccessivo posticipare ulteriormente.

D’altra parte, ‘Notes On A Conditional Form‘ è in grado di soddisfare tutti coloro che sono rimasti in casa, senza discriminazioni. Contiene praticamente qualsiasi cosa, un cerchiobottismo di genere molto simile al suo predecessore e ormai diventato la cifra stilistica di una band che seguita faticosamente a trovarne una riconoscibile di per sé. Quantità a discapito della qualità dunque, anche questa volta, con più schizofrenia del solito: dai 5 minuti dello spoken-word di Greta Thunberg nell’interminabile intro ‘The 1975‘, passando per il punk-rock duro e puro di ‘People‘ e l’interludio sinfonico di ‘The End‘, fino alla trap-pop di ‘Frail State Of Mind‘, già soltanto le prime quattro tracce palesano virate talmente nette da suscitare un forte smarrimento. Soprattutto, ed è il problema di tutta l’opera, si fatica a trovarne il senso, se non un forzato accatastamento di compiacenze nei confronti di svariati papabili pubblici.

Sulla scaletta infinita del quarto album della band mancuniana hanno probabilmente pesato le sperticate lodi ricevute per il lavoro precedente, come se Healy e soci fossero stati colti da una sorta di delirio di onnipotenza. La realtà è che i 1975 sono una band pop-rock di discreto talento, ma che quando si allontana dal genere di riferimento rischia di sfociare nell’involontario parodismo. Le sortite che strizzano l’occhio all’universo hip-hop/R&B (‘Yeah I Know‘, ‘Nothing Revealed/Everything Denied‘, ‘What Should I Say‘, ‘Bagsy Not In Net‘) si rivelano piuttosto stucchevoli, limitandosi a replicare l’esistente senza alcun tentativo di rielaborazione. La limitata versatilità vocale del frontman, poi, non consente slanci neanche a livello carismatico, arrivando a ricalcare pericolosamente linee melodiche da boyband (‘Tonight‘, ‘If You’re Too Shy‘, ‘Don’t Worry‘). Così, gli esperimenti più arditi (‘Shiny Collarbone‘, ‘Having No Head‘), finiscono per rappresentare i classici cavoli a merenda.

La confusione che regna sovrana tra i solchi di ‘Notes On A Conditional Form‘ è dunque più che altro una questione di scelte. Setacciando ben bene tra le 22 tracce qualcosa di buono c’è, ballate zuccherose come ‘The Birthday Party‘, ‘Then Because She Goes‘, ‘Me & You Together Song‘ e ‘Guys‘, oltre all’eccelsa ‘Jesus Christ 2005 God Bless America‘, per cui il merito è senz’altro della collaborazione di Phoebe Bridgers, una che trasforma in oro tutto ciò che tocca. A questi 1975, che come se non bastasse hanno anche provveduto alla produzione, ne servirebbe più di una, di Phoebe. Qualcuno che indicasse loro una strada definita, che li persuadesse a lasciare da parte quanto non è nelle loro corde per concentrarsi su quello che gli riesce meglio. Magari farebbero uscire dischi di una decina di tracce soltanto, ma probabilmente molto migliori.

VOTO: 🙁



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