The Haunted Youth: ‘Dawn Of The Freak’ (Mayway, 2022)

Genere: dream-gaze | Uscita: 4 novembre 2022

Hasselt è una città di poco più di 77.000 abitanti, capoluogo del Limburgo belga, nella regione delle Fiandre. È sede, sin dal 1985, del festival di Pukkelpop, uno dei più grandi d’Europa, in cui ogni anno si esibiscono più di 200 band su una decina di palchi. Non deve essersi perso un’edizione l’hasseltese Joachim Liebens, il classico ragazzo di buona famiglia scapestrato e inconcludente (“Non volevo andare al Rotary o indossare magliette di River Woods, solo pantaloni militari e abbigliamento da metallaro“, racconta al sito belga Bruzz) ma anche poco compreso da genitori troppo borghesi (“Non ci mancava nulla, eppure c’era sempre la sensazione che qualcosa non andasse“) che a 13 arrivarono a spedirlo in riformatorio. Joachim ha trovato la sua ragione d’essere nella musica, dopo averci provato, con poco costrutto, con la pittura in una scuola d’arte (“Il curriculum non faceva per me. Volevo imparare a dipingere, non diventare un’enciclopedia“).

Avvicinatosi in tenera età al death metal, semplicemente perché “andava contro tutto ciò che era accettabile“, da quando è musicista Liebens si è fortunatamente orientato su composizioni meno caotiche ma altrettanto schiette: ‘I Feel Like Shit And I Wanna Die‘ è l’eloquente titolo di uno dei brani più rappresentativi di questo esordio. Un disco che si intitola ‘Dawn Of The Freak‘, allo stesso tempo citazione del film horror ‘Dawn Of The Dead‘ (in italiano ‘L’alba dei morti viventi‘), ed esplicitazione del sentirsi sempre e costantemente quello “strano”, fuori dal coro. Al festival di cui sopra deve aver di certo visto i concerti di DIIV, Slowdive, War On Drugs e MGMT, perché la sua musica, nella quale l’interazione tra chitarre e sintetizzatori è costante e proficua, attraversa quella zona mista in cui convergono post-punk, dream-pop, psych-rock e shoegaze.

Di grande effetto è anche l’alternanza tra parti strumentali e cantato, la voce di Joachim sembra sempre voler tenersi in secondo piano rispetto ai suoni, intervenendo poco frequentemente ma risultando sempre determinante, sia affermando concetti molto personali, mai banali e assai incisivi, ma soprattutto dando consistenza alle sue melodie agrodolci di assoluto impatto emotivo. ‘Teen Rebel‘, il singolo che lo ha fatto conoscere in patria e serio candidato a inno generazionale, la lunghissima (7 minuti, ma scorrono agili) ‘Gone‘, la sognante ‘Shadows‘, la spedita ‘Broken‘, l’elettrica ‘Coming Home‘, sono perle di orecchiabilità ed empatia, a tratti ingenue ma così autentiche da lasciare il segno. E la conclusione affidata alla spoglia ‘Fist In My Pocket‘ è la conferma che, anche riposte le armi migliori, la rivincita del freak non è mai in discussione.

VOTO: 😀



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