The Killers: ‘Pressure Machine’ (Island, 2021)

Genere: heartland-rock | Uscita: 13 agosto 2021

Eppure, quando stava per uscire ‘Imploding The Mirage‘, Brandon Flowers aveva avvisato: la sua band aveva già pronto un disco “migliore“. Quasi un anno dopo, ‘Pressure Machine‘ conferma, forse al di là di ogni più rosea aspettativa, quanto preannunciato dal frontman dei Killers, finendo per rappresentare un unicum nella discografia della band costituitasi a Las Vegas esattamente 20 anni fa. Peculiarità di cui il quartetto doveva essere ben conscio, anche alla luce della scelta di non anticiparlo con nessun estratto se non un paio di teaser di pochi secondi. La vera presentazione è probabilmente stata il singolo ‘Dustland‘, pubblicato lo scorso giugno, un duetto con Bruce Springsteen che non è stato incluso in questo LP, ma che sostanzialmente ne ha introdotto stile e principale riferimento musicale.

Eppure, a lavorare al disco, c’è lo stesso team produttivo dell’album precedente: Jonathan Rado e Shawn Everett. Proprio quest’ultimo sembra essere il collaboratore più adatto (ha collaborato, tra gli altri, con gente come Alabama Shakes, Kacey Musgraves e War On Drugs) per un LP profondamente americano nei suoni. Anche perché idealmente ambientato a Nephi, cittadina di poco più di 6000 abitanti nel bel mezzo dello Utah, lontana un po’ da tutto e tutti, in cui Brandon ha trascorso l’adolescenza. Sono storie di vita osservata e vissuta quelle raccontate dal frontman, che aveva già scritto i testi prima ancora delle musiche, rendendo ‘Pressure Machine‘ il primo concept-album vero e proprio firmato Killers. Nella scaletta, composta da 11 brani, si sentono qua e là le voci dei compaesani, perlopiù appagati dalla vita in un luogo tanto ameno. Testimonianze che evidenziano come il rapporto di amore/odio nei confronti della propria terra di origine sia al centro del discorso, un po’ luogo da cui fuggire ma anche porto sicuro durante i lockdown pandemici, ovvero il momento storico in cui l’opera in questione è stato ideata.

Un racconto che fa parte delle scelte artistiche che hanno reso questo LP, tra i sette sinora pubblicati da Flowers e soci, quello di gran lunga più apprezzato dalla critica, quanto meno a leggere le medie aggregate dei siti specializzati. Siamo dunque al cospetto del più bell’album dei Killers in assoluto? Dipende, come spesso accade, dai gusti: è dai tempi degli esordi, in particolare dal sophomore ‘Sam’s Town‘ (2006), che la band americana ha replicato un ampio successo transcontinentale miscelando con sapienza ed evidente efficacia le radici del folk-rock “Born In The U.S.A.” e l’eredità post-punk/new wave britannica. In ‘Pressure Machine‘ quest’ultima componente viene quasi totalmente silenziata, facendo apparire le tracce in scaletta sì alquanto derivative, ma mai così coese ed essenziali. Soprattutto nei loro LP più recenti si è fatta piuttosto ricorrente la sensazione che, come altre band divenute popolarissime (U2, Coldplay), i Killers inseguissero più il proprio cliché pubblico che la spontaneità creativa. Una corsa alla grandiosità e alla estrema pulizia del suono che lo ha reso sì ideale per le grandi adunate, ma che allo stesso tempo lo ha permeato di artificio. L’esatto opposto di questo disco, che a partire dalla tematica trattata si mostra quanto mai raccolto e sincero. Ed è anche la ragione per cui brani come ‘Quiet Town‘, ‘In The Car Outside‘, ‘Runaway Horses‘ (in cui Flowers duetta con Phoebe Bridgers), ‘Sleepwalker‘, e ‘In Another Life‘ possono tutti concorrere a pieno titolo per essere annoverati tra i loro migliori degli ultimi 15 anni.

VOTO: 🙂



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