The Murder Capital: ‘Gigi’s Recovery’

🎵 Post-punk | 🏷 Human Season | 🗓 20 gennaio 2023

Non sembrano persone che intendono scendere a compromessi, i Murder Capital. I dischi se li sono sempre pubblicati da soli, per esempio, con la loro etichetta Human Season. Nonostante la mancanza dei ganci delle grandi label, sono comunque riusciti a giungere alle orecchie di tanti. Merito della loro musica, di un debutto (‘When I Have Fears‘, 2019) ottimo sotto diversi punti di vista, ma anche grazie ai Fontaines DC, e all’attenzione che hanno per primi attirato sulla scena musicale di Dublino e in particolare sui gruppi locali che suonano post-punk.

Vincere facile, però, a James McGovern e compagni non è mai piaciuto. Ecco così la metamorfosi di un suono che in ‘Gigi’s Recovery‘ appare più erudito, più stratificato, più ragionato. Anche per merito di un altro grande produttore: dopo che Flood si era occupato del debutto, è la volta di John Congleton mostrare di credere nel quintetto irlandese, aiutarlo nel percorrere tragitti più ostici ma di certo più appaganti. “È stata una sorta di coesione caotica: l’intero disco riflette molto quello che abbiamo passato come individui e tutti insieme. C’è tutta questa confusione di emozioni, ma ci si sente coesi come se si fosse in un unico corpo” racconta all’NME il frontman, assolutamente decisivo per le sorti di questo lavoro.

Si perché il crooning di McGovern è enormemente cresciuto rispetto al già alto livello dell’esordio, ora è più versatile e carismatico, un po’ come l’intero suono dei Murder Capital, che si giova anche del miglioramento dell’intesa tra i due chitarristi Cathal Roper e Damien Tuit (“Ho imparato a campionare e questo è servito a influenzare l’album“) e alla precisione della sezione ritmica del bassista Gabriel Paschal Blake e del batterista Diarmuid Brennan. ‘Gigi’s Recovery‘ è però, soprattutto, colmo di grandi composizioni. Termine, quest’ultimo, quanto mai calzante perché definirle semplicemente “canzoni” sarebbe riduttivo. Si ascolti il ritmo quasi trip-hop di ‘Crying‘, con quei synth a un certo punto soverchiati dalle chitarre e il conseguente crescendo emotivo, oppure la veemente intensità di ‘Return My Head‘, oppure ancora ‘Ethel‘, ovvero il miglior brano dei Killers mai scritto dai Killers. E nella seconda metà del disco, il beat irregolare di ‘A Thousand Lives‘ e il suo ritornello che si palesa immediatamente e inaspettatamente, o il riff ammiccante di ‘Only Good Things‘ e un altro chorus da Oscar del singalong. Insomma, tanta qualità e bellezza, tanta grazia e ardore, sono la prova che i Murder Capital non erano saliti agli onori delle cronache solo perché si trovavano nel posto giusto al momento giusto. Il loro meglio doveva ancora venire, e con questo disco è puntualmente e indiscutibilmente arrivato.

😀



 

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