Genere: soft-rock | Uscita: 28 aprile 2023
Come raccontato dalla nota stampa e nelle interviste rilasciate in occasione della pubblicazione di questo ‘First Two Pages Of Frankenstein‘, il nono album della loro carriera, i National non sono mai stati così vicini allo scioglimento. Una profonda depressione, con un conseguente blocco dello scrittore, ha afflitto il frontman Matt Berninger per lungo tempo: “È stata una fase molto buia durata più di un anno, in cui non riuscivo a trovare testi o melodie. Anche se abbiamo sempre patito un certo nervosismo e litigato spesso durante la lavorazione di un disco, questa è stata la prima volta in cui ci è sembrato che le cose fossero davvero arrivate alla fine“, racconta il frontman, fornendo un’idea precisa del baratro in cui lui, e di conseguenza il gruppo in cui milita dal 1999, stavano precipitando.
Sono stati proprio gli amici e compagni di band, e soprattutto la moglie Carin Besser, a stargli vicino, cercando di “affrontare tutto da un’angolazione diversa, e grazie a questo siamo arrivati a quella che sembra una nuova era per la band“, spiega il chitarrista Aaron Dessner, individuando tale punto di svolta nella composizione di ‘Tropic Morning News‘, primo singolo e di gran lunga il brano migliore degli undici in scaletta. Scritto insieme alla compagna, è il pezzo che più si ricollega alla precedente discografia del gruppo originario di Cincinnati, che anche in questo disco si scosta leggermente ma significativamente da quanto fatto in precedenza. La nuova musica dei National è lenta e soffice, romantica e placida. Un po’ per gli struggimenti personali del suo vocalist, un po’, probabilmente, per il percorso nel mainstream del più conosciuto dei fratelli Dessner, con le produzioni di due album di Taylor Swift (presente in questo disco come ospite, insieme a Sufjan Stevens e all’immancabile Phoebe Bridgers) e di uno di Ed Sheeran.
Eppure, ‘First Two Pages Of Frankenstein‘ rappresenta un altro album importante per la storia del quintetto. Perfetto negli arrangiamenti, avvolgente nelle melodie e significativo nei testi, si rivela soltanto un po’ meno incisivo musicalmente, mancando di quegli strappi improvvisi di cui molte delle canzoni del gruppo sono state storicamente caratterizzate. Rimane un piacere ascoltare brani come ‘Eucalyptus‘, ‘New Order T-Shirt‘ e ‘Grease In Your Hair‘, ma per la prima volta da moltissimo tempo a questa parte ce ne sono alcuni che paiono riempitivi, magari più adatti a essere circoscritti a standalone single come ‘The Alcott‘ feat. Taylor Swift (non a caso destinato esclusivamente alla promozione nelle radio italiane), o che non lasciano il segno che ci aspetterebbe facessero (‘Ice Machines‘, ‘Your Mind Is Not Your Friend‘, ‘Send To Me‘). A scanso di equivoci: ci sono musicisti che venderebbero la propria anima a un demone per realizzare un disco di questa qualità, ma paragonato sia agli album dei National più vecchi (‘Alligator‘, ‘Boxer‘) che a quelli più recenti (‘Sleep Well Beast‘ ma anche soltanto ‘I Am Easy To Find‘), questo LP si pone su un gradino inferiore sia dal punto di vista qualitativo che dell’estro creativo, e per una volta non può essere associato all’assoluta eccellenza. Anche Berninger, i Dessner e i Davendorf, evidentemente, sono esseri umani.
VOTO: 🙂