The Tallest Man On Earth: ‘Henry St.’ (Anti-, 2023)

Genere: indie-folk | Uscita: 14 aprile 2023

Avevamo lasciato Kristian Mattson chiuso in un appartamento di Brooklyn, solo e con il cuore spezzato a scrivere le canzoni che avrebbero fatto parte di ‘I Love You. It’s A Fever Dream.‘ (2019). Lo abbiamo ritrovato nella sua fattoria nella campagna svedese, nuovamente in solitudine a causa delle restrizioni pandemiche e alla volontà di non stare troppo lontano (ma neanche troppo vicino, per precauzione) dagli anziani genitori. In quei lunghi mesi di isolamento forzato, colui che da circa 18 anni si fa chiamare The Tallest Man On Earth si era messo, per ingannare il tempo, a coltivare la terra di giorno e a esibirsi in live-streaming di sera. Una serie di appuntamenti fissi in cui suonava cover a richiesta, di cui alcune sono poi state incise nella raccolta ‘Too Late For Edelweiss‘ del 2022. Non è stato facile, per uno come lui, stare lontano da un palco e dal suo pubblico, una sofferenza che gli aveva provocato anche uno stallo dal punto di vista creativo. Non appena gli Stati Uniti hanno riaperto le frontiere si è immediatamente ri-fiondato al di là dell’Oceano, questa volta per non rimanere più da solo, neanche nello studio di registrazione.

Le canzoni sul ritorno alla vita hanno cominciato a sgorgargli spontanee, e raggiunta la Carolina del Nord ci è voluto poco per mettere insieme una band di amici e andare a inciderle nello studio di un altro amico, Nick Sanborn dei Sylvan Esso, che ha prodotto questo ‘Henry St.‘, primo disco della discografia del cantautore scandinavo ad avere così tanti contribuiti da persone che non siano egli stesso. Nella fattispecie, Ryan Gustafson (dei Dead Tongues) alla chitarra, lap steel e ukulele, TJ Maiani alla batteria, CJ Camerieri e Rob Moose (della band di Bon Iver) alla tromba, al corno francese e agli archi, Phil Cook alle tastiere e Adam Schatz (dei Landlady) al sassofono. “Stare in quella stanza a suonare tutti insieme è stata una delle cose più appaganti di cui abbia mai fatto parte. Ho scelto queste persone per il loro talento musicale, ma anche per il loro carattere. Parlavamo di qualsiasi argomento ridendo e scherzando, e tutto questo nelle registrazioni si sente“, rivela Mattson in un’intervista al magazine Paste.

C’è dunque uno spettro sonoro più ampio in ‘Henry St.‘ rispetto ai dischi precedenti del musicista di Leksand che, va ammesso, non sono mai stati caratterizzati da grande eclettismo. Non lo è neanche questo, in realtà, e la sensazione è che la maggior parte delle undici canzoni in scaletta avrebbero funzionato allo stesso modo anche con voce e acustica soltanto. Il contributo della band è più di contorno che strutturale, tanto che il brano che più esula dal rodato stile di The Tallest Man On Earth è la title-track, in cui la chitarra è sostituita dal pianoforte ma c’è soltanto la voce di Kristian oltre allo strumento. È una sorta di soul/soft-rock molto intimo, una pausa di riflessione dal resto del lavoro caratterizzato, come sempre, dalle chitarre unplugged. E che dunque, potrà piacere a chi già aveva Mattson tra i propri favoriti, e potrà dire poco a chi non lo ha mai annoverato tale. Anche perché la qualità media dei singoli brani sembra essersi leggermente abbassata, mancando anche una hit trascinante come ‘King Of Spain‘ o ‘1904‘. Ciononostante, ‘Bless You‘, ‘Looking For Love‘, ‘Every Little Heart‘, ‘Slowly River Turns‘, ‘Italy‘, ‘New Religion‘ sono canzoni più che discrete, e avendone citate già sei non possiamo non concludere che anche il sesto LP della carriera del songwriter svedese è un album, in fin dei conti, gradevole.

VOTO: 🙂



 

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