Titus Andronicus: ‘A Productive Cough’ (Merge, 2018)

Non ci saranno pezzoni punk“, aveva dichiarato Patrick Stickles prima dell’uscita di ‘A Productive Cough‘, quinto album in carriera per la band di Glen Rock, New Jersey. Un’affermazione che si sostanzia in quanto contenuto in questo disco, nelle intenzioni l’ennesima svolta per i Titus Andronicus. Svolta che, però, si rivela più formale che sostanziale: heatland-rock e folk-blues, i due generi musicali su cui si poggiano le sette lunghe tracce, sono sempre stati ben presenti nel suono del gruppo. Il cantato di Stickles continua ad essere punk, sia per quello che dice sia per come utilizza la voce. Dunque, dove sta il cambiamento?

I Titus Andronicus hanno eliminato le distorsioni di chitarre e smussato gli angoli, in sostanza hanno fatto a meno della parte più abrasiva del loro suono, portando a superficie quella che ne è la radice. In tutto questo togliere, però, è stata perduta la componente che ha sempre caratterizzato la musica del gruppo americano, ovvero l’imprevedibilità. Mai era stato intuibile il modo in cui sarebbe potuta terminare una canzone dei Titus Andronicus; in questo album, invece, lo si può quasi sempre ipotizzare, e anche le melodie si fanno scontate (‘Above The Bodega‘, ‘Home Alone‘), come una serata al pub passata solo a ordinare pinte. Perché, poi, sprecare più di 8 minuti in una cover di ‘Like A Rolling Stone‘, una delle canzoni più replicate della storia, rifatta persino dagli stessi Rolling Stones in età senile? ‘A Productive Cough‘ non è un brutto disco in assoluto, ma per la grande stima che avevamo di Stickles e soci è un disco deludente, che sembra frutto, purtroppo, di mancanza di ispirazione. Talento e personalità, da soli, questa volta non bastano.

VOTO: 🙁


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