Tōth: ‘Practice Magic And Seek Professional Help When Necessary’ (Figureight, 2019)

Genere: art-pop | Uscita: 10 maggio 2019

L’album di debutto di Alexander Toth in arte Tōth ha avuto una genesi, diciamo così, travagliata. Alex da una decina d’anni suonava nei Rubblebucket, art-pop band di Brooklyn formata insieme alla sua compagna Annakalmia Traver. La fine della relazione, sebbene non abbia sancito lo scioglimento del sodalizio artistico, ha lasciato il musicista americano molto più solo. Nonostante il suo primo strumento sia la tromba, ha cominciato a scrivere alcune tristi canzoni per lenire il suo cuore spezzato con la chitarra acustica. Incentivato da un’amica, ha completato il suo primo album con il proprio cognome come moniker dopo essersi rotto un piede durante il concerto di un suo side-project punk, in cui evidentemente aveva esagerato nello sfogarsi. Chiuso nel suo appartamento senza potersi muovere e ancora provato per la fine della sua storia d’amore, Tōth ha avuto tutto il tempo per confezionare ‘Practice Magic And Seek Professional Help When Necessary‘.

Il lungo titolo la dice lunga su quanto sia immaginifica la creatività di Alex, anche musicalmente. Le sue canzoni, “influenzate da Arthur Russell e dai Beach Boys” (così recita la press-release), sono un caleidoscopio di suoni e umori. E’ vero, c’è la sofferenza per l’abbandono (come ‘Copilot‘, una struggente lettera d’amore  all’ex fidanzata), ma c’è anche una ricca strumentazione, tromba (ovviamente) compresa, che rende le sue composizioni, da un certo punto di vista, rigogliosamente ottimiste per il superamento del trauma (in questo senso la migliore di tutte è ‘Song To Make You Fall In Love With Me‘).

Il lavoro nella costruzione dei pezzi, partiti dalla basicità di una voce e una chitarra, è encomiabile. A volte Alex dà un tono un po’ troppo kitsch alle sue stratificazioni, decisamente affollate di strumenti, che però è anche il tratto che lo distingue. Ed è anche per questo che ‘Practice Magic And Seek Professional Help When Necessary‘ ha tutto per essere definito un bel disco: è pieno di spunti – i suoi colorati arrangiamenti sono tutt’altro che stereotipati – e può vantare melodie così azzeccate da rendere tutte le canzoni in scaletta assai gradevoli. La prima prova da cantautore vero, oltre che di artista e di uomo in forzata solitudine, è stata pienamente superata.

VOTO: 🙂



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