Ty Segall: ‘Hello, Hi’ (Drag City, 2022)

Genere: psychedelic-folk | Uscita: 22 luglio 2022

Ogni volta che si comincia a parlare di un nuovo album di Ty Segall sembra quasi doveroso fare un riassunto delle moltissime pubblicazioni fatte circolare dal musicista californiano, così tante che si potrebbero riempire le discografie di tre-quattro band almeno. Ci limitiamo a seguire l’elenco che stila Wikipedia nella pagina ad egli dedicata, in cui si sostiene che ‘Hello, Hi‘ sia il suo quattordicesimo LP, considerando soltanto quelli stampati con le proprie generalità. Quattordici album in quattordici anni (il primo è del 2008), una media di un disco ogni 365 giorni che viene mantenuta con un LP che a suo modo rappresenta un unicum.

Mai, infatti, Segall era stato così avvolgente nei suoni e misurato nei volumi. Qualcosa di insolito per uno che ha fatto delle chitarre distorte una ragione di vita. ‘Hello, Hi‘ è un disco registrato in totale solitudine, socialmente limitato dalla pandemia. Un isolamento che ha spinto il rocker di Long Beach di immergersi con nel folk di una cinquantina di anni fa, quello guarnito di frequenti spolverate di psichedelia, al punto che spesso e volentieri si ha la sensazione che possa fare capolino George Harrison (‘Over‘, ‘Blue‘, ‘Don’t Lie‘). Nel disco, però, non c’è soltanto questo. Da artista creativamente versatile quale è, Ty non poteva esimersi dall’aggiungere brevi ma significative digressioni sonore: l’elettricità della title-track potrebbe provenire da qualche altro suo LP, mentre in ‘Saturday Pt.2‘ all’improvviso compaiono addirittura dei sassofoni.

Una tale generalizzata riduzione della stratificazione sonora ha portato Segall a concentrarsi, ancora più del solito, sulla resa melodica delle singole canzoni. Ed è proprio in questo che ‘Hello, Hi‘ eccelle, con una soavità e una gradevolezza (si ascolti la bellissima ‘Looking At You‘) capaci di riempire ben di più di 34 minuti di una comune mattinata estiva. Anche l’interpretazione, che fa ripetuto uso del falsetto, appare congeniale a un preciso disegno creativo, che ha prodotto un album molto coeso e capace di spiccare all’interno di una discografia così affollata. Forse non il suo migliore, sicuramente il più intimo e tra quelli maggiormente a fuoco.

VOTO: 😀



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