Vagabon: ‘Vagabon’ (Nonesuch, 2019)

Genere: dream-(afro)pop | Uscita: 18 ottobre 2019

A 13 anni, Lætitia Tamko emigrò con tutta la sua famiglia dal Camerun, dove aveva sempre vissuto, ad Harlem, il quartiere multi-culturale di New York. Oltre a permettere alla madre di frequentare una scuola giuridica, il trasferimento consentì a Lætitia di seguire un corso di ingegneria, sebbene il suo destino paresse già segnato da quando, diciassettenne, i genitori le regalarono una chitarra che lei imparò immediatamente a suonare guardando alcuni DVD. Considerando che oggi di anni ne ha appena 24, a colei che si fa chiamare Vagabon ne sono bastati 7 per passare da autodidatta a scrivere, suonare e produrre due album interi.

Il precedente, ‘Infinite Worlds‘ (2017), rivelò il suo talento soprattutto a magazine e webzine americane, tanto che Pitchfork lo inserì tra i suoi 50 dischi dell’anno. Era interamente costruito sul primo strumento con cui Lætitia aveva familiarizzato, così da essere etichettata su Wikipedia come “indie-rock” e “lo-fi“. Sono categorie che vanno però completamente riviste dopo l’uscita di questo suo sophomore, che rappresenta un’ulteriore sorpresa, ancor più dal punto di vista stilistico. “Rompi le regole a cui pensi di essere costretto“, è stato il suo motto durante la lavorazione di ‘Vagabon‘, disco che ha visto anche un importante upgrade discografico, dalla piccola label Father/Daughter alla stimata Nonesuch, l’etichetta che ha in roster, per fare un esempio illustre, i Black Keys.

Ciò che appare subito evidente, ascoltando il secondo album della musicista afro-americana, è la sua inedita indipendenza di genere. La componente dream-pop, che già era presente nell’esordio di due anni fa, si fa preponderante, rendendosi ancora più avvolgente e andando a inglobare diversi elementi black, come una produzione che si avvicina molto a quelle hip-hop e una costruzione melodica che prende dichiaratamente ispirazione dalla musica della sua terra d’origine, in particolare dal musicista maliano Ali Farka Touré. Ne esce dunque qualcosa di unico, che può essere associato soltanto a Vagabon e a nessun altro. Un gran bel complimento di questi tempi, cosi stereotipati soprattutto in ambito soul e R&B, altri due generi abbondantemente presenti in questo disco, che propone una manciata di brani davvero ottimi (‘Full Moon In Gemini‘, ‘Flood‘, ‘Secret Medicine‘, ‘Wits About You‘, ‘Every Woman‘), uno assolutamente sopra la media (‘Water Me Down‘, in cui sembra che Bat For Lashes incontri Sade), e solo verso la fine del disco un paio di tracce un po’ troppo auto-indulgenti (la lunga ‘Home Soon‘ e la cover/reprise dell’opener ‘Full Moon In Gemini‘). Siamo però di fronte a uno di quei dischi che portano a prevedere un radioso futuro per l’artista che lo ha realizzato, in questo caso per tre ragioni sostanziali: unicità, stile e talento.

VOTO: 😀



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