Viagra Boys: ‘Welfare Jazz’ (Year0001, 2021)

Genere: art-punk | Uscita: 8 gennaio 2021

Nel video di ‘Ain’t Nice‘, Sebastian Murphy gira tra il fatto e l’ubriaco per le strade di Stoccolma, importunando ogni persona che incontra. Ha una canotta bianca che evidenzia il tappeto di tatuaggi disegnati sulla quasi totalità del corpo e la pancia da birra che lo fa sembrare una sorta di versione punk del Mago Oronzo. Il brano, primo singolo tratto dal secondo LP dei Viagra Boys, è un garage-rock ritmato e divertente. La clip è dunque un’efficace introduzione per chi si avvicinasse per la prima volta a questa stramba band svedese, ma non ne svela completamente la duttilità né la profondità concettuale, che va molto oltre il bighellonare di un fattone che dà fastidio alla gente.

A cominciare dal titolo, ‘Welfare Jazz‘, nato dall’idea (attualmente estendibile a molte categorie del settore dello spettacolo) che i musicisti jazz non possano vivere della loro attività a meno che non ricevano un sussidio statale. O dal tema principale del disco, la fine di una relazione importante che ha portato Sebastian a un’auto-analisi non certo indulgente. Nonostante i giri di basso di Henrik Höckert, i riff di chitarra di Benjamin Vallé, i groove sintetici di Martin Ehrencrona, le repentine comparsate del sax di Oskar Carls, i vocals da irriducibile punk-rocker dello stesso Murphy, il sophomore dei Viagra Boys è un disco non così allegro come sembrerebbe: “Avevo preso molte droghe per molto tempo, e quando ho iniziato a scrivere questo album stavo davvero esagerando e mi rendevo conto di quanto grosso fosse il problema. Nei testi ci sono molti rimpianti e la speranza di diventare una persona migliore“, spiega Sebastian in questa intervista.

Malgrado le amare riflessioni del frontman, ‘Welfare Jazz‘ rimane un lavoro estremamente divertente e godibile. Sia perché fa ballare (‘Creatures‘, ‘Girls & Boys‘), ma anche perché non cade nel tranello dell’auto-indulgenza e della ripetitività, con passaggi post-punk (‘Toad‘, ‘Secret Canine Agent‘), accostamenti al blues (‘Into The Sun‘, ‘I Fell Alive‘), e un approdo finale al country-folk, sebbene sui generis (‘To The Country‘), sublimato in chiusura da ‘In Spite Of Ourselves‘, cover/tributo a John Prine le cui parti vocali sono condivise con Amy Taylor degli Amyl And The Sniffers. È proprio questo loro essere così imprevedibili e inclassificabili che, in poco più di due anni, ha fatto guadagnare ai Viagra Boys un così ampio consenso. Il loro secondo album è una credibile conferma, e un nuovo attestato di personalità, auto-determinazione e irriverenza.

VOTO: 😀



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