Genere: indie-pop | Uscita: 8 aprile 2022
Così speditamente come hanno vissuto i loro ultimi 365 giorni di vita, le Wet Leg saliranno proprio oggi in testa alla UK Album Chart, doppiando di almeno 4 volte il secondo classificato, il buon Father John Misty, e distanziando ancor di più un’istituzione del rock mondiale come Jack White. È l’epilogo di un successo annunciato sin dalla pubblicazione dei loro due primi singoli, l’ormai celeberrimo ‘Chaise Longue‘ e l’altrettanto avvincente ‘Wet Dream‘, le due canzoni che hanno letteralmente tele-trasportato Rhian Teasdale (voce, chitarra) ed Hester Chambers (chitarra, cori) dalla tranquillità dell’Isola di Wight alla frenesia del centro di Londra. Le registrazioni di ‘Wet Leg‘, il debutto dei record (almeno per una band indie fino a poco tempo fa assolutamente sconosciuta), sono avvenute esattamente un anno fa, ad aprile 2021, proprio nella capitale, con Dan Carey a dirigere le operazioni. Un dettaglio che porta a due considerazioni: 1) l’idea del disco non è stata una conseguenza del successo dei singoli, ma l’ha preceduto, e 2) il fondatore della Speedy Wunderground ci aveva visto, ancora una volta, giusto.
È in effetti un album a suo modo irresistibile questo, che di potenziali hit da classifica ne ha almeno un’altra manciata (‘Being In Love‘, ‘Convincing‘, ‘Oh No‘, ‘Ur Mum‘, ‘I Don’t Wanna Go Out‘), ulteriore aspetto che rimarca le innate qualità di songwriter delle due ragazze. Durante la fase di composizione, a quanto pare, la premiata ditta Teasdale & Chambers non ha di certo cercato di sezionare l’atomo: “Volevo scrivere canzoni divertenti, non volevo indulgere troppo in tristi sentimentalismi, volevo scrivere roba che fosse divertente da ascoltare e da suonare“, spiega Hester. “Le Wet Leg nelle nostre intenzioni dovevano essere semplicemente divertenti“, aggiunge cacofonicamente Rhin. “Vogliamo scrivere canzoni che la gente possa ballare. E vogliamo che la gente si diverta, anche se questo potrebbe non essere sempre possibile.”
Nell’ascoltarlo tenendo ben presente questi propositi, non si può non riconoscere a ‘Wet Leg‘ di aver fatto assolutamente centro. Contiene brani (soprattutto i primi due singoli) che potranno essere ballati nei club per molti degli anni a venire, senza che i restanti si limitino a riempire il resto della tracklist. Tutt’altro: c’è una certa varietà nella scrittura delle due musiciste isolane, e moltissime citazioni di tutto quanto l’indie-rock inglese ha proposto tra gli anni ’90 e gli anni ’00: l’elenco dei generi che Wikipedia associa a questo disco è lunghissimo: indie-rock, post-punk, alternative-rock, brit-pop, indie-pop, punk-pop, psychedelic-pop, slacker-rock, art-pop, disco, folk-pop, lounge music e diversi altri ancora. Un accattivante quanto derivativo pastiche sonoro che, d’altro canto, non riesce a conferire una marcata peculiarità alla loro proposta, come ad esempio avvenuto per un altro esordio inglese di cui molto si è parlato quest’anno, quello degli Yard Act. È una considerazione, questa, che interesserà poco a Rhian ed Hester, a cui rimane un’intera carriera per guadagnare spessore. Peraltro, l’ultimo brano in scaletta, ‘Too Late Now‘, potrebbe rappresentare una interessante anticipazione di ciò che le Wet Leg saranno in grado fare da grandi. Per il momento, per loro ma in fondo anche per noi, va benissimo così.