Wilco: ‘Cruel Country’ (dBpm, 2022)

Genere: alt-country | Uscita: 27 maggio 2022

È una sorta di self-fulfilling prophecy, una profezia che si auto-realizza, il nuovo album dei Wilco. Descritti sin dagli esordi (il lontano 1994) come “un gruppo [alternative-]country”, nonostante più di una perplessità per una definizione riduttiva rispetto alla complessità del loro suono, al dodicesimo LP della propria storia si sono, finalmente, decisi a farla loro. Tanto da chiamarlo, a scanso di equivoci, ‘Cruel Country‘: “Credo che nel corso degli anni si sia diffusa questa convinzione“, spiega il frontman Jeff Tweedy. “Ci sono molte prove a sostegno di questa teoria, perché ci sono stati elementi di musica country in tutto ciò che abbiamo fatto. Ma ad essere onesti, non l’abbiamo mai particolarmente condivisa. Vi dirò, tuttavia, che in questo album i Wilco si sono messi in gioco e hanno accettato di definirlo ‘country’.” Un titolo che non intende riferirsi soltanto al famigerato genere musicale, ma anche a un’altra accezione del termine, ovvero alla propria nazione, “crudele” allo stesso modo: “Sento la responsabilità di indagare su queste speculari nature problematiche. Credo che sia importante mettere in discussione il nostro affetto per le cose che sono imperfette“, aggiunge il cantautore americano.

È comunque abbastanza semplice immaginare, quantomeno musicalmente, il contenuto di questo disco. Un doppio LP che è stato messo insieme in sole quattro settimane, registrato in presa diretta da tutti e sei i componenti del gruppo (non succedeva da ‘Sky Blue Sky‘ del 2007), dopo tutti quei lunghi mesi che li avevano forzatamente tenuti lontani. Ben 17 le canzoni in scaletta, evidentemente composte nelle molte settimane di isolamento, per una durata complessiva di quasi un’ora e venti, una lunghezza record nella discografia della band di Chicago: “All’inizio della pandemia, scrivere canzoni folk e country – qualcosa che ho fatto per tutta la vita – ha rappresentato per me una profonda forma di conforto”, racconta Tweedy in questa intervista a Esquire. “È difficile pensare a nuove strutture musicali quando il terreno sotto i tuoi piedi sta franando così drammaticamente, quindi tutte queste canzoni country e folk hanno finito per accumularsi. Alcune di esse sono finite nel mio disco da solista, ma altre hanno seguitato ad arrivare per un altro po’.”

Stilisticamente ‘Cruel Country‘ somiglia molto a ‘Love Is The King‘ (2020) e all’appendice ‘Guess Again‘ (sempre 2020), e in effetti non presenta quella versatilità e quella complessità tipiche dei migliori album dei Wilco. Il ventennale di ‘Yankee Hotel Foxtrot‘ (2001), festeggiato recentemente anche live, è lì a dimostrarlo. Ciò non vuol dire che ci si ritrovi ad ascoltare un brutto disco. Tutt’altro, e per di più l’enorme quantità di tempo occupata da una tale moltitudine di canzoni scorre con più che discreta piacevolezza. È però, a livello prettamente quantitativo, un ostacolo al completo appagamento, nello specifico ancora più ingombrante giacché la scelta stilistica è univoca. Questo comporta anche l’utilizzo di un maggior numero di cliché di genere rispetto a quanto il sestetto ci aveva abituato (‘Falling Apart Right Now‘, ‘A Lifetime To Find‘), tanto che le parti più intriganti finiscono per diventare gli assoli di chitarra (quelli in ‘Bird Without A Tail/Base Of My Skull‘ e ‘Many Words‘, ad esempio). Chi del collettivo dell’Illinois è già fan, può comunque approcciare ‘Cruel Country’ con serenità: la classe di Tweedy e soci è talmente superiore da non incorrere in passi falsi in nessuna delle 17 composizioni qui presenti. Non riteniamo di mancare di rispetto a nessuno, però, nell’affermare che i capolavori dei Wilco sono ospitati in altri dischi.

VOTO: 🙂



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