Wilco: ‘Ode To Joy’ (dBpm, 2019)

Genere: indie-folk | Uscita: 4 ottobre 2019

A che cosa ancora potrebbe ambire una band come i Wilco, da oltre un ventennio presenza fissa nel gotha dell’alternative-rock americano, con una serie di 10 album in studio tra l’ottimo e l’eccellente? E’ forse quanto si era chiesto Jeff Tweedy un paio di anni fa, quando isolatosi dai compagni di band, gli stessi ormai da 15 anni, ha tirato fuori ben due LP solisti e un’autobiografia. Esperienza catartica per il frontman ex Uncle Tupelo, una sorta di auto-terapia volta ad affrontare i fantasmi del passato, e a dare inizio a una differente seconda fase della propria vita. Pare dunque passato molto più tempo rispetto ai poco più di tre anni intercorsi tra il precedente ‘Schlimco‘ e questo ‘Ode To Joy‘, registrato a inizio 2019 nel loro studio di Chicago, e come da quattro lavori a questa parte, esclusivo affare della band anche dal punto di vista del marketing, essendo anch’esso licenziato dalla loro etichetta privata, la dBpm.

Che cosa, dunque, ancora possono fare Tweedy e soci in ambito folk-rock che non abbiano già fatto? La risposta è in questo disco, che al netto degli indici di gradimento ha una precisa e peculiare inclinazione. Le chitarre acustiche hanno la stessa importanza che avevano in ‘Schlimco‘ ma, a dispetto del titolo, il suono è molto meno nitido, anzi, piuttosto ombroso, con la voce di Jeff e le stesse sei-corde che non guadagnano la ribalta come in passato, come se la fase riflessiva del leader del sestetto fosse ancora pienamente in atto. ‘Ode To Joy‘ è l’opposto di quanto farebbe una band dall’analogo curriculum, che dopo tre anni di assenza avrebbe vita facile nel ripresentare la versione di sé tanto attesa dai fan. E invece no, l’undicesimo album della carriera dei Wilco non è certo compiacente, ha le sue introverse asperità, dettate da una produzione solo apparentemente essenziale e, analogamente agli apici del passato, dietro molti angoli riserva sorprese.

Ci sono (anche) due grandi singoli, le sole due canzoni anticipate prima dell’uscita: l’orecchiabilissima ‘Everyone Hides‘, che termina però con qualche complicanza sonora non scontata, e ‘Love Is Everywhere (Beware)‘, in cui la chitarra di Nels Cline appone il solito indimenticabile riff; ci sono ‘Quiet Amplifier‘ e ‘We Were Lucky‘, ovvero quei pezzi classicamente Wilco che non sembrano aver voglia di terminare prima di una densa coda sonora; c’è una canzone come ‘Hold Me Anyway‘ che si emancipa dallo slowcore presente in gran parte del disco con sussulti emotivi che seguono la crescita di tonalità della voce di Tweedy. Insomma, ‘Ode To Joy‘ dimostra che i Wilco sono ben lontani dall’imborghesimento, anzi, la seconda decina dei loro LP viene inaugurata da un altro disco significativo ed esemplare.

VOTO: 😀



Lascia un commento